È quel briciolo di normalità in una giornata che spesso anche gli adulti faticano a sopportare, figuriamoci i piccoli pazienti. Un disegno tra una terapia e un’altra, una lezione di storia o matematica con la maestra ai piedi del letto, in fondo, aiutano a far passare più in fretta il tempo in ospedale. E a guarire prima per tornare tra i propri compagni di classe, come Marianna raffigura in un disegno fatto ai pastelli. La scuola in ospedale, un servizio che nel centro pediatrico Bambino Gesù è presente da quasi cinquant’anni, aiuta a scandire il tempo in giornate che sembrano infinite. Aiuta a non interrompere gli studi per raggiungere più alti traguardi.
Come quello che è successo a Chiara Casoli, ex alunna della scuola, oggi diciannovenne. Racconta con sicurezza le sue lezioni in una stanza asettica dopo un trapianto e il traguardo di essere iscritta all’università nella facoltà di Chimica. Lo fa nel corso della visita in ospedale ieri del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, per l’inaugurazione dell’anno scolastico 2023-2024. In quei giorni grazie allo studio «mi sono sentita meno sola», ammette Chiara. «Sono una ragazza trapiantata - ha spiegato - ho seguito le lezioni dal 2009 al 2015, anche dalla camera sterile. La scuola mi ha permesso di riconnettermi con il mondo esterno». Non dimenticherà mai i momenti in cui «le insegnanti, vestite con i camici, entravano nella mia stanza per farmi lezione di italiano, spagnolo, matematica. Poi - ha aggiunto - ho continuato a frequentare anche durante i numerosi day hospital. Ricordo in particolare un laboratorio di arte». Nello scorso anno scolastico, sono passati in questa scuola speciale circa 4mila pazienti, quasi 500 in più del precedente.
Garantire l’istruzione e il completamento del percorso scolastico ai bambini e ai ragazzi malati costretti a lunghi ricoveri, grazie alla scuola in ospedale – le parole del ministro durante la visita, è una «bellissima testimonianza di civiltà». Il responsabile del dicastero ha ringraziato docenti (circa 70 di ogni ordine e grado nelle 4 sedi dell’ospedale) e operatori sanitari perché, ha aggiunto, «portare la scuola in ospedale significa non interrompere la relazione con la cultura e con il mondo esterno». Per la scuola in ospedale, 137 strutture in Italia, ha spiegato Valditara, «noi stanziamo ogni anno 2,7 milioni di euro ma vediamo, se è necessario, se riusciamo a reperire altre risorse».
Quella all’interno dell’ospedale al Bambino Gesù, ha spiegato il presidente Tiziano Onesti, «non è una scuola ordinaria: qui non troviamo aule tradizionali, ma un’esperienza di apprendimento che si adatta alle esigenze e alle condizioni dei nostri giovani studenti. Ogni anno i ragazzi attraversano queste soglie non solo per imparare, ma per continuare a vivere la loro quotidianità, mantenere le relazioni, nutrire i loro sogni e costruire il proprio futuro. Cerchiamo di dare normalità ai bimbi che stanno passando un periodo delicato della loro vita». Nella scuola in ospedale, infatti, non ci sono classi ma singoli alunni o piccoli gruppi distribuiti nelle stanze dei vari reparti, con docenti itineranti. Le lezioni si svolgono con orario flessibile, adattandosi alle esigenze di cura e alle tipologie di ricoveri. I docenti svolgono la loro attività prevalentemente al letto dei ragazzi. «Per i nostri ragazzi - ha proseguito Onesti andare a scuola in ospedale significa tenere accesa la fiamma della speranza e della normalità in un periodo di grande incertezza. È qui che, insieme agli istituti scolastici partner, ci facciamo carico non solo dell’istruzione, ma anche del loro benessere emotivo e sociale».
Avvenire, 17 novembre 2023