UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Istruzione a due velocità

Il Rapporto Bes evidenzia l’emergenza siciliana: il 28% dei giovani non studiano né lavorano. Solo un bimbo su quattro ha accesso al nido
19 Maggio 2024

Giovanna e Carla (nomi di fantasia) sono una madre ventenne e una bambina di un anno che periodicamente si recano all’Help Center della Caritas diocesana di Catania per chiedere prodotti per l’infanzia. La loro situazione è simile a quella di altre centinaia di persone che si affidano al circuito di aiuto della Caritas: secondo i dati 2023 presentati di recente, in città il 50% degli utenti che si rivolge ai servizi dell’organismo diocesano è italiano e con figli, spesso minori e conviventi. Un dato circoscritto ai beneficiari della struttura diocesana che tuttavia rende la misura dell’emergenza di un territorio che, allargando l’analisi alla sfera regionale, fa registrare tutte le falle di un sistema che supporta poco la genitorialità: in Sicilia, secondo dati Istat, il numero di posti autorizzati nei nidi, micronidi e sezioni primavera (da 0 a 2 anni) è il secondo più basso d’Italia (12,4 ogni 100 bambini), solo la Campania riesce a fare peggio (10,6), mentre numeri decisamente più elevati si registrano nella media nazionale (26,1).

Elementi confermati dall’edizione 2023 del Rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) dell’Istat che vede la Sicilia con appena il 25,5% dei bambini entro i due anni iscritti al nido (in Piemonte la percentuale è del 43% e in Valle d’Aosta del 48,3%). Questi numeri gravano pesantemente sulla quotidianità e sulle aspettative di migliaia di persone. Giovanna non lavora perché non riesce a trovare servizi pubblici che si occupino della bambina mentre è alla ricerca di un’occupazione o al lavoro.

La famiglia di Franco e Anna (nomi di fantasia), due figli di 1 e 3 anni, anche loro aiutati dal Centro di ascolto della Caritas, vive del solo stipendio dell’uomo, perché la donna è impegnata nella cura dei bambini. In un Paese in cui il carico dei piccoli è ancora principalmente orientato sull’impegno femminile 32,1% delle donne 24-49 anni che dedicano oltre 50 ore settimanali ai figli contro il 7,2% dei coetanei uomini, secondo una rilevazione Openpolis - diventa un problema serio che incide sul sistema della genitorialità e sull’occupazione: i padri vivono un’esperienza ridotta dell’essere genitore, sebbene siano in crescita i congedi di paternità, e le donne sono costrette a rinunciare al lavoro, o a non intraprenderlo. Non è un caso che laddove i servizi dedicati all’infanzia sono maggiormente diffusi è in crescita l’occupazione femminile, mentre, secondo un’elaborazione Openpolis su dati Istat, la differenza percentuale tra uomini e donne occupati nella fascia d’età 25--49 anni nei comuni italiani è maggiormente presente, oltre i 20 venti punti, nel sud del Paese: protagonisti i comuni siciliani come Catania, Palermo, Siracusa, Trapani, Caltanissetta, Messina ed Enna. A faticare è comunque l’intero comparto dell’istruzione e della formazione siciliane. Il rapporto BES rivela che la quota di diplomati sulla popolazione di 25-64 anni tocca il dato più basso in Sicilia (54,9%, 65,5% la media italiana), mentre la rilevazione sulla popolazione laureata o con altri titoli terziari vede sempre l’Isola a chiudere la classifica (21,8%), quasi venti punti in meno del Lazio (38,4%).

A preoccupare sono, inoltre, due numeri su tutti: l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (17,1%, 10,5% in Italia) e la presenza diffusa dei cosiddetti Neet, cioè i giovani (15-29 anni) che non studiano e non lavorano, che sono più di uno su quattro in Sicilia (28%), dato record a livello nazionale. Un quadro catastrofico alimentato da molteplici fattori che derivano da problematiche culturali, economiche e sociali in un meccanismo che sembra autoalimentarsi con conseguenze dirette sullo sviluppo del Mezzogiorno, inclusi gli aspetti della cittadinanza attiva e dei percorsi di democrazia partecipata. Gli studenti isolani, infatti, sono anche i più in ritardo sullo standard qualitativo dell’istruzione: il 50,2% non raggiunge un livello sufficiente di competenze in italiano, il 61,4% in matematica. Inferiore alla media nazionale anche le competenze digitali di base, la partecipazione culturale fuori casa e la lettura di libri e quotidiani, oltre che la fruizione delle biblioteche.

Rosario Battiato

Avvenire Catania, 19 maggio 2024