UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Perché i giovani dovrebbero credere?»

Le domande dei ragazzi di Latina raccolte dai prof di religione e le risposte del vescovo Mariano Crociata. Nessun tema escluso
20 Aprile 2024

La differenza tra l’assertività e la proposta sta in un piccolo segno ortografico: il punto interrogativo. Che può significare dubbio, ma anche apertura. Ancora più significativo se quel segno sta nel titolo di un libro.

Perché dovrebbero credere? (Vita e Pensiero, pagine 112, euro 13, prefazione di Eraldo Affinati) è il volume che testimonia del dialogo tra il vescovo di Latina- Terracina-Sezze-Priverno, Mariano Crociata, e gli studenti delle scuole superiori del capoluogo pontino. Sono loro quelli che dovrebbero credere. Ma intanto domandano. E il pastore non si sottrae al fuoco di fila degli interrogativi, dai più semplici e curiosi, ai più accorati e personali, fino alle questioni più scottanti. Si tratta di un testo scaturito da anni di iniziative con il mondo della scuola e dall’idea avuta da un docente di religione, Giorgio Pantanella, di far dialogare – per iscritto - il pastore con i ragazzi.

Nel corso dell’anno scolastico 2022-2023 con la collaborazione dei docenti di religione sono state raccolte le domande dei giovani della quarta classe di otto istituti cittadini. Un ristretto gruppo di coetanei le ha selezionate per temi, evitando le ripetizioni, ma senza censurare nulla. Il risultato è arrivato a monsignor Crociata che l’estate scorsa si è preso il tempo per le risposte. Il carattere mediato del dialogo quasi non si sente. Anzi, domande e risposte vanno in profondità. E la speranza del vescovo è che il testo possa «offrire motivi di riflessione a quanti nel modo della scuola e oltre hanno a cuore il mondo giovanile e studentesco e desiderano capirne pensieri, interessi, preoccupazioni, aspirazioni e ideali».

Il frutto del lavoro collettivo è raggruppato in sette capitoli. Si va dalle domande personali al pastore sulla sua vocazione, sull’eventuale rimpianto per una vita matrimoniale e sulla routine di un vescovo, a quelle esistenziali. Si passa poi alla Chiesa e ai suoi ordinamenti, alla spiritualità e all’immagine di Dio. Per finire alle questioni morali, come l’aborto. Fino all’attualità più dolorosa, come quella legata ai casi di pedofilia. Il capitolo finale è interamente dedicato alla questione dell’omosessualità.

Si va, come detto, dalle domande dettate dalla curiosità e/o dalla poca conoscenza della realtà ecclesiale, fino a quelle che lasciano trasparire la pervasività di una certa idea negativa della Chiesa, che purtroppo sta diventando corrente. «La storia della Chiesa è legata a doppio filo con la pedofilia», esordisce quella legata allo spinoso tema. «Non credo affatto che la storia della Chiesa sia legata a filo doppio con la pedofilia o che essa voglia negare l’evidenza o stia fallendo miseramente», risponde Crociata. Ciò premesso, prosegue il vescovo, «per onestà dirò subito che la scoperta della piaga della pedofilia è semplicemente una tragedia, la tragedia della Chiesa di questi decenni». Il pensiero «deve andare a chi è vittima di tali orribili delitti. Credo anche si debba dire che l’azione della Chiesa per prevenire gli abusi è ormai decisa e che costituisca una delle principali preoccupazioni di tutti coloro che hanno responsabilità in essa». Un’azione che lo stesso Crociata ha dovuto intraprendere per un recente caso avvenuto nella sua diocesi. A testimonianza che le questioni che interpellano la Chiesa di oggi sono urgenti e toccano nel vivo le coscienze.

Ma il discorso che il libro tesse tocca tanti temi. Al prefatore Affinati «decisivi» sono parsi «gli scorci relativi alla questione essenziale della libertà. I teologi ce l’hanno spiegata fin troppo. Noi però dobbiamo presentarla ai ragazzi. Come si fa? Dio non vuole il male, ma lo permette: “Non sarebbe possibile una libertà concessa a intermittenza”». Dice molto la notazione sulle parole «belle e toccanti» rivolte da Crociata nella risposta a un ragazzo in crisi per aver perso la madre. «Mi hanno ricordato – scrive Affinati - quelle da me stesso formulate una volta a un mio allievo che non si avvaleva dell’ora di religione perché, questa fu la sua espressione, era arrabbiato con Dio. (…) Cercai di raccontargli, a modo mio, cosa fosse la preghiera: una domanda con la risposta incorporata».

Gianni Santamaria

Avvenire, 16 aprile 2024