UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Osservare le stelle per capire l’umano

A Torino un’ampia terrazza sulla chiesa della Madonna di Pompei è diventata un osservatorio astronomico
3 Aprile 2024

Potremmo definirla una piccola “Specola Vaticana” (l’osservatorio astronomico e centro di ricerca scientifica della Chiesa cattolica, che fa capo al Governatorato dello Stato della Città del Vaticano), quella che si erge sull’ampia terrazza della Chiesa Madonna di Pompei, a Torino. Con l’ascensore si sale fino al terzo piano, sopra la parrocchia, e si entra in una stanza piena di telescopi, di poster che raffigurano stelle e galassie e di libri di astronomia. E non poteva che essere Don Luca Peyron, che ci accompagna nel breve tour nel suo regno astronomico, l’ideatore e fondatore di questa grande sala che porta al terrazzo in cui per tre volte al mese vengono ospitati gruppi di una ventina di ragazzi di scuole medie, superiori e universitari, adulti. Anche perché don Luca Peyron ha una passione davvero senza limiti “spazio-temporali” per l’astronomia e l’esplorazione spaziale. Nipote di Amedeo Peyron, storico sindaco di Torino dal 1951 al 1961, ha ereditato dal nonno la passione per il progresso, l’interesse per la scienza e l’innovazione tecnologica, ed è direttore dell’Apostolato Digitale. Ed è uno degli ideatori e realizzatori, oltre che curatore degli aspetti culturali e pastorali, del progetto “Spei Satelles”, il mini satellite che orbita attorno alla Terra dal giugno 2023, con lo stemma del Vaticano e un “nanobook”, contenente un messaggio di pace e di speranza di papa Francesco registrato il 27 marzo del 2020, in pieno lockdown per la pandemia da Covid-19.

Don Luca Peyron, come vanno le cose sul satellite?

«Benissimo, funziona perfettamente. E di tanto in tanto ci aggiorna sul suo status. Che al momento è sempre ottimale. Riceviamo i suoi dati grazie al grande lavoro del Politecnico di Torino che insieme all’Agenzia Spaziale Italiana ne cura il “commissioning” (la messa in esercizio, ndr)».

Dove si trova ora il satellite?

«È in orbita intorno alla Terra, ad una quota rispetto al nostro pianeta di circa 520 chilometri. Bello pensare che è stato costruito da giovani studenti, ovvero quelli del Politecnico di Torino».

Ci ricorda il contenuto del messaggio di papa Francesco?

«È in una microscopica lastra di silicio realizzata da Cnr, questa riporta il testo del libro Perché avete paura? Non avete ancora fede? Con le riflessioni e le immagini del Papa durante i giorni terribili della pandemia ed in particolare della Statio Orbis del 27 marzo 2020. Vuole essere un segno di speranza posto in cielo, invisibile agli occhi, ma non al cuore di chi da quei momenti vuole ripartire con slancio verso un futuro di fraternità e condivisione».

Qual è l’importanza e il significato di questo progetto?

«Spei Satelles è stata ed è una meravigliosa avventura spaziale condivisa con i giovani e che guarda e coinvolge soprattutto loro. I giovani in senso anagrafico, ma soprattutto i giovani in senso spirituale, coloro che vogliono continuare ad essere giovani perché continuano a generare vitalità e speranza per le persone che incontrano. La tecnologia a servizio della speranza, per tutti ed ovunque».

A proposito di giovani, ha ideato questa iniziativa “astronomica” dalla parrocchia torinese…

«È un modo per fare comunione, per condividere la meraviglia, per avvicinare scienza e fede, terra e cielo e senza troppe parole, facendolo. Sotto il cielo scopriamo ancora di più di essere fratelli e sorelle in cerca di senso, significato, densità».

Siamo in pieno centro, a pochi passi dalla Stazione di Porta Nuova. La luce che circonda la zona non crea problemi?

«L’inquinamento luminoso sicuramente crea problemi per le osservazioni astronomiche. Per ciò che facciamo osservare da qui è sufficiente, i crateri della Luna, Giove le sue lune, Saturno, qualche nebulosa o ammasso globulare sono alla nostra portata. Quello che si vede e quello che non si vede sono strumento educativo e presa di coscienza. Abbiamo qualche cosa di prezioso e lo perdiamo per una luce inutile in più».

E i risultati?

«Belli, incoraggianti, ogni tanto addirittura raggianti. Raccontare il cielo anche in modo semplice, pop diverte loro ed il nostro team, stupisce loro e ristupisce noi. Molti dei ragazzi che vengono qui non ne sanno nulla, ma è difficile che qualcuno ne esca non toccato. Talora è una esperienza terapeutica. Una delle nostre ospiti, una ragazza delle medie particolarmente timida, chiusa, il giorno dopo in classe non smetteva più di raccontare. Tre anni di silenzio sbocciati grazie alla nebulosa di Orione».

Lei ha candidato Torino a capitale dell’intelligenza artificiale? In questo grande dibattito, da che parte sta?

«È un futuro che già è presente. Noi vogliamo far sì che le macchine debbano aiutare l’uomo per tutto ciò che servirà per migliorare la vita, per essere più umani. Non certo il contrario».

Lei tiene un corso sull’innovazione tecnologica. Di cosa si tratta?

«Riflettere a partire dal deposito della fede sull’impatto che la tecnologia ha nella società e nel rapporto tra noi. Umano e macchina sono sulla soglia di una nuova relazione e diventa importante decidere ora cosa vivremo domani, scegliere ora un futuro umano. La Bibbia, il codice dei codici non solo per chi è credente, è un ottimo decodificatore dell’umano che siamo. Non risponde a domande di scienza, ma alle domande sulla nostra natura ed i nostri desideri in modo impareggiabile».

Quindi, giusto progredire con l’innovazione tecnologica, ma con limiti? Anche per l’intelligenza artificiale?

«Progresso senza sviluppo significa dolore ed ingiustizia, non credo sia questione di limiti ma di orizzonte, di meta. Non si tratta di porre un confine ma di decidere insieme una direzione. La tecnologia e l’intelligenza artificiale è forza propulsiva. Chi guida e verso cosa sta guidando è la nostra sfida, la nostra responsabilità e la nostra dignità. Con occhi a cielo».

Perché un sacerdote cattolico in mezzo a tutti questi mondi?

«Perché per essere pastori bisogna avere l’odore delle pecore. Oggi questo odore è anche il silicio dei computer, la conquista dello spazio, il rapporto da sempre problematico tra scienza e fede. Senza smettere di avere un rosario in tasca naturalmente».

Antonio Lo Campo

Avvenire, 31 marzo 2024