UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Valutazione chiara, aiuto alla famiglia»

Scuola primaria e giudizi sintetici, le ragioni del sì. Intervista a Francesco Magni
16 Marzo 2024

«La valutazione degli apprendimenti ha senso nella misura in cui contribuisce al percorso formativo e alla crescita integrale della persona di ciascuno studente in tutte le sue dimensioni. La valutazione è fatta per la persona, non il contrario». Parte da questa «premessa di carattere generale», Francesco Magni, docente di Pedagogia generale e sociale all’Università di Bergamo, che non si scandalizza per l’annunciata riforma della valutazione nella scuola primaria, con il ritorno dei “giudizi sintetici”. La decisione del governo ha suscitato un vespaio di polemiche, innescato da «fraintendimenti e pregiudizi», che «è opportuno provare a chiarire».

Da dove si comincia?

Ricordando, per esempio, che la proposta in discussione in Parlamento non prevede affatto il ritorno ai voti numerici (come invece da più parti erroneamente paventato), ma intende sostituire una scala di valutazione che rischia di essere poco comprensibile per genitori e bambini (in via di prima acquisizione, base, intermedio, avanzato) introducendone una più diretta e chiara (insufficiente, sufficiente, buono, ottimo). Quale delle due scale di valutazione risulta più comprensibile per i bambini e i loro genitori che sono i primi ad aver diritto di capire? A mio modo di vedere, si tratta quindi in primo luogo di un’operazione di semplificazione lessicale e semantica.

Il ministro Valditara ha detto che si potrebbe arrivare anche al gravemente insufficiente: è davvero necessario?

Sulla questione del gravemente insufficiente, scala di giudizio a mio avviso inopportuna e inadatta, occorre precisare che il Ministro si è limitato a rispondere a una domanda dicendo che se ne sarebbe valutata l’eventuale utilità per l’alunno. Il resto è facile demagogia e sterile polemica.

Resta il fatto che, per tanti alunni, il voto” è causa di stress e vero e proprio panico: non c’è il rischio di un ritorno alla valutazione punitiva”?

Ritengo che il concetto di valutazione formativa, introdotto fin dalla legge 517 del 1977, sia un punto di non ritorno sul quale tutti possiamo concordare: la valutazione degli apprendimenti deve essere sempre formativa e mai “punitiva”, o “competitiva”. Non serve infatti a “punire” lo studente, né è fine a sé stessa, ma ad aiutarlo e ad accompagnarlo nel suo cammino di crescita e maturazione.

Oltre alla valutazione, che altro serve?

Come tutti gli strumenti e i mezzi, anche la valutazione da sola non basta. Per favorire una reale crescita di tutti e di ciascuno, a partire dagli studenti più in difficoltà, occorre avviare una sempre più decisa personalizzazione dei percorsi formativi, avvalendosi del docente tutor e utilizzando il portfolio delle competenze. Decisivo, infatti, non è solo quanto si scrive su un documento ufficiale di valutazione, ma come questo viene utilizzato e gli effetti che provoca nelle relazioni educative e formative tra tutti i soggetti in campo, a partire, in particolare, dallo studente stesso. Effetti tutti da documentare in maniera narrativa. La descrizione analitica dei livelli di apprendimento raggiunti in ogni disciplina dallo studente potrebbe quindi confluire nel portfolio dello studente, che diverrebbe questo sì uno strumento formativo di lavoro, in grado di registrare gradualmente e nel tempo, progressi, difficoltà e successi dei percorsi di apprendimento di ogni studente.

In definitiva: giudizi più comprensibili riusciranno a (ri)avvicinare scuola e famiglia?

La questione educativa di fondo è ben più ampia di una semplice, ancorché opportuna, modifica lessicale. L’obiettivo di raggiungere una valutazione degli apprendimenti da un lato più semplice dal punto di vista burocratico per gli insegnanti e dall’altro più chiara nella comunicazione per genitori e bambini passa attraverso un complessivo rilancio della funzione educativa di ogni insegnante e di ogni genitore che, solo in una rinnovata alleanza scuola-famiglia, potranno affrontare insieme anche qualche giudizio che segnala eventuali difficoltà di apprendimento. Altrimenti si rischia di confondere il “dito” con la “luna”. Generando qualche polemica, ma senza intaccare le incrostazioni e i fraintendimenti accumulati dagli anni Settanta del secolo scorso.

Paolo Ferrario

Avvenire, 15 marzo 2024