UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Dalla scuola passa alla società un insegnamento verso la piena parità

Una riflessione dell’Agesc nella Giornata internazionale della donna
8 Marzo 2024

Nella data dell’8 marzo, il nostro pensiero va inevitabilmente alle tante donne uccise nell’anno appena terminato: 120 di cui la metà colpita dalla mano del partner. Una carneficina intollerabile. Per celebrare adeguatamente la Giornata Internazionale della donna è necessario partire da qui, da questi dati che sembrano sempre provvisori e destinati a salire. Bisogna partire dalle storie e dai volti di tante donne che “sono” madri, figlie, sorelle, amiche di tutti. Un massacro perpetrato spesso in nome dell’amore che non si rassegna, non concepisce di perdere il proprio “oggetto” del desiderio. Un’idea che abbiamo visto recentemente essere purtroppo trasversale alle generazioni.

Se pensavamo, come adulti, come genitori, che il valore della pari dignità tra uomo e donna fosse entrato nel cuore e nella mente delle giovani generazioni, siamo costretti a toccare con mano che questo non è avvenuto: la strada è ancora lunga, tortuosa, difficile. Per portare al cambiamento, soprattutto quello della mentalità e degli atteggiamenti istintivamente possessivi - mediante una cultura del rispetto e del senso di responsabilità, vissuta come fattore di identità personale, come la sola filosofia di vita nelle relazioni fra persone che dovrebbero amarsi - sono necessari educazione, esempi, fatti concreti.

In una società che pare concentrata sempre di più sull’Io e sull’incapacità di accettare la sconfitta, liberare la donna e soprattutto l’uomo dall’idea che l’amore sia possesso, dominio, proprietà è necessario un salto di qualità, una vera e propria sterzata concettuale da parte di tutti, soprattutto da certa comunicazione, da certe forme di pubblicità, da schemi mentali che non sono più adeguati a un civiltà autenticamente degna del valore della persona.

Se infatti l’educazione e la scuola possono esserci di grande aiuto in questo cambiamento culturale, che attendiamo da troppo tempo, è però necessaria una grande maturazione di tutte le componenti della società. Sarebbe troppo facile appellarsi al mondo della scuola come ad un baluardo di difesa di tutte le fragilità della nostra società: non dobbiamo cadere in questo errore. Ogni settore, ogni ambiente, può e deve agire; ognuno può e deve “convertire” il proprio cuore e la propria mente. Solo così non sarà stato inutile il sacrificio di tutte le donne la cui vita è stata spezzata dalla violenza dell’uomo e la loro storia e le loro angosce continueranno a parlarci.

Come ci parlano oggi il coraggio e il dolore di tutte quelle donne che con straordinaria energia portano il peso di tragedie umanitarie provocate dalla follia degli uomini. Donne in lacrime che con i bambini e i vecchi cercano di sopravvivere a conflitti generati da uomini che hanno perso la ragione. Donne che in Iran piuttosto che in Guatemala, in Russia piuttosto che in Israele e in Palestina sfidano il potere degli “uomini” per affermare i valori della pace e della vita su quelli dell’odio e della guerra.

Accanto a queste il nostro pensiero va alle nostre madri, alle nostre figlie, alle nostre sorelle, alle nostre amiche; va alle tante donne che danno il meglio di loro stesse in tutti i settori della società servendo i più fragili, occupando (ancora in misura non adeguata alla sostanziale parità dei diritti) posti di altissima responsabilità, nelle istituzioni, nelle aziende, in ambito artistico e culturale, a partire dalla scuola e nelle forze armate e nelle forze dell’ordine. All’interno stesso della nostra Associazione di genitori, all’interno di Agesc, il “genio” femminile è una componente essenziale, che ci ha portato in ormai quasi 50 anni di vita a cambiare, da dentro, i rapporti nella scuola attraverso quel Patto educativo che abbiamo da sempre condiviso e sostenuto.

Un’indagine di qualche tempo fa, a livello internazionale, metteva in evidenza come la piena parità di genere, per essere realizzata, avrà bisogno di più di 130 anni. È evidente che questo lungo percorso costerà fatica ed avrà bisogno di fantasia, progettualità e impegni economici, politici, strutturali. Per tutto questo noi che crediamo nell’educazione non possiamo non puntare sulla scuola, su un impegno che, senza polveroni e polemiche inutili, ci aiuti gradualmente ad acquisire una nuova dimensione culturale. Solo così, noi crediamo, potremo liberarci da schemi vecchi e stantii come quelli che hanno reso strutturale la condizione di inferiorità sociale della donna, ma anche da quelli che sottacciono e non distinguono le specificità dell’una e dell’altro. Senza pregiudizi né posizioni pregiudizialmente costituite.

Avvenire, 8 marzo 2024