UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

E un ragazzo italiano su 3 si dice «in ricerca di Dio»

Nella fascia 18-29 anni gli intervistati si dichiarano credenti per il 35% del totale e uno su due “cattolico”, anche se soltanto una minoranza va a Messa almeno una volta al mese
1 Marzo 2024

Come si colloca l’Italia dentro la ricerca «Footprints. Young People: Expectations, Ideals, Belief?». Con alcune conferme sulla secolarizzazione in atto, e qualche particolarità rispetto agli altri paesi coinvolti. Il dato più interessante è che l’Italia sia l’unico paese in cui alla domanda «Credi in Dio?» risponde in maniera consistente – ben il 32% - indicando l’opzione «Sono in ricerca».

A sottolineare questa particolarità è Cecilia Galatolo, dottoranda presso la Pontificia Università della Santa Croce e parte del team che ha partecipato alla ricerca. Per la dottoressa Galatolo infatti «a livello nazionale la fede cattolica è molto radicata e tutti ricevono una infarinata di educazione religiosa, quindi in qualche modo anche tra coloro che lasciano si nota una sorta di “nostalgia”». La rottura tra giovani e parrocchia avviene proprio «tra gli 11 e i 14 anni, in cui ci si allontana pur conservando spesso un buon ricordo» ed è anche dovuto a questo – almeno in parte – quel dato relativo all’essere in «ricerca».

Anche perché l’Italia ha un’altra particolarità: per gli italiani o si è cattolici o si è non credenti. La maggior parte delle altre confessioni religiose vengono percepite come «estremiste». Se in Argentina o in Brasile le Chiese evangeliche sono considerate come una opzione in caso di uscita dal cattolicesimo, in Italia non si ha percezione di una «offerta» alternativa, per cui i giovani che lasciano la frequenza alla vita della Chiesa tendono a farsi un “dio” a propria misura, piuttosto che misurarsi con altre possibilità.

D’altro canto nella fascia 18-29 anni i giovani si dichiarano credenti per il 35% del totale degli intervistati e uno su due cattolico, anche se poi soltanto una minoranza va a Messa almeno una volta al mese. Un panorama apparentemente contraddittorio se si pensa che il 64% dei cattolici ritiene la Chiesa «una istituzione umana e divina che esiste per il bene dell’umanità» voluta da Dio. Ugualmente il 53% crede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, e percentuali analoghe sull’efficacia dei Sacramenti. Eppure solo il 6% dichiara di fermarsi a pregare davanti al Santissimo Sacramento. Una distanza tra il riconoscere il Magistero e vivere una relazione personale con il Signore. Quest’ultimo sempre più identificato in un maestro da ascoltare – seppur di origine divina per la maggioranza degli intervistati –, ma con cui si ha difficoltà a instaurare un rapporto di intimità. Tra coloro che smettono di andare alla Messa la maggior parte risponde «non la ritengo necessaria» o «la ritengo una formalità» pur continuando a definirsi cristiani e cattolici. Insomma perde peso la dimensione comunitaria della fede.

Lucandrea Massaro

Avvenire, 1 marzo 2024