UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Record di ragazzi stranieri nelle classi. «La scuola è motore di cittadinanza»

In tante zone, i presìdi educativi restano aperti proprio per la presenza degli stranieri
28 Febbraio 2024

Sono, in grande maggioranza, nati in Italia, rappresentano oltre uno studente su dieci. Sono 80mila in più rispetto a cinque anni fa, nelle piccole comunità sono decisivi per la sopravvivenza delle scuole, ma restano sostanzialmente invisibili, non avendo diritto alla cittadinanza. È la realtà, tutta in salita, degli studenti con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole che, in quest’anno scolastico, sono 869.336, il massimo degli ultimi cinque anni e oltre 70mila in più rispetto soltanto al 2022-2023.

Ciclicamente, si parla di loro ogni qual volta viene riproposta una riforma della legge sulla cittadinanza, che poi, però, rimane chiusa nel cassetto, perpetrando una vera e propria discriminazione che si traduce anche in peggiori risultati scolastici e in minori possibilità di realizzazione. «Il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana ha un impatto sul successo scolastico e segna il percorso di crescita e di formazione rispetto ai coetanei», ha avvertito Save the Children nel recente rapporto “Il Mondo in una classe”. Insomma, come scrive la sociologa Camilla Borgna in “Studiare da straniero” (Il Mulino), «per garantire una reale parità di chances, le istituzioni scolastiche non possono limitarsi a offrire a tutti le stesse condizioni, ma devono necessariamente compensare gli svantaggi iniziali, permettendo a tutti gli studenti di sviluppare il proprio potenziale».

Invece, quando si parla di alunni con nazionalità non italiana – che, non va dimenticato, per il 67,5% sono comunque nati in Italia – sono più le situazioni problematiche ad emergere, fin dai primissimi anni di scuola.

Come evidenzia sempre la ricerca di Save the Children, nel nostro Paese, solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell’infanzia (percentuale che sale all’83,1% per i nati in Italia) contro il 95,1% degli italiani, sperimentando così, fin dai primi anni di vita, percorsi scolastici e educativi diversi, che incidono sui risultati e sulle opportunità future.

Tra gli studenti con background migratorio si registrano, inoltre, maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono scolastico. Mentre gli studenti di origine italiana in ritardo nell’anno scolastico 2021/22 rappresentavano l’8,1%, quelli con cittadinanza non italiana erano il 25,4%, con un divario che diventa ancora più allarmante nella scuola secondaria di II grado (16,3% contro il 48,4%). Anche soltanto per questa ragione, si dovrebbe accelerare una modifica della legge sulla cittadinanza, come chiesto sempre da Save the Children che, all’inizio di quest’anno scolastico, ha lanciato una petizione in tal senso, arrivata a 100mila adesioni. Dallo “Ius Soli temperato” sino al cosiddetto “Ius Scholae” che lega l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un ciclo di studi, sono state diverse le proposte avanzate in questi anni, ma tutte si sono arenate nelle sabbie mobili di una politica incapace di assumersi la responsabilità di porre fine a questa grave ingiustizia.

«La riforma della cittadinanza è uscita dall’agenda della politica. Non è accettabile che i diritti di questi minori siano lasciati in sospeso», si legge nella petizione. Per chi resiste sui banchi, le disuguaglianze rappresentano una zavorra negli apprendimenti: al termine del primo ciclo di istruzione la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati Invalsi del 2023) tra gli immigrati di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione. A gravare sul percorso educativo dei minori con background migratorio, anche le condizioni di povertà economica – con un’incidenza del 36,2% della povertà assoluta tra le famiglie con minori composte esclusivamente da stranieri (per le famiglie composte solo da italiani si ferma all’8,3%, per quelle miste arriva al 30,7%) - e l’impatto della pandemia, che ha in molti casi comportato l’interruzione dell’insegnamento della lingua italiana e delle attività extrascolastiche, la mancanza di dispositivi tecnologici per seguire le lezioni, la mancanza di occasioni di socialità e di rapporto scuola-famiglia.

Una lunga serie di “mancanze” che stride con il “credito” che non poche famiglie migranti hanno accumulato nei confronti del sistema scolastico italiano. Che, in alcuni territori, sopravvive proprio grazie al contributo degli “stranieri”. Lo ha ricordato, all’avvio di quest’anno scolastico, la Gazzetta di Mantova, che racconta un territorio dove uno studente su cinque è di origine straniera. «Hanno salvato le scuole» ha titolato lo storico quotidiano. Quando gliene daremo merito?

Paolo Ferrario

Avvenire, 28 febbraio 2024

(Nella foto, una classe multietnica di un istituto scolastico milanese / Fotogramma)