UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Martinelli: portiamo nelle scuole il Documento sulla fratellanza

Il vicario apostolico dell’Arabia meridionale sulla dichiarazione di Abu Dhabi: «Deve far parte dell’educazione dei giovani»
5 Febbraio 2024

Per sottolineare l’importanza dell’anniversario odierno, ha scritto una lettera alla sua comunità, ricca di rimandi alla visita del Papa e al Documento sulla fratellanza umana che ne fu straordinario frutto. Monsignor Paolo Martinelli, frate minore cappuccino, è dal 2022 il vicario apostolico dell’Arabia meridionale. Una regione molto vasta che comprende gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman e lo Yemen per una popolazione di circa 43 milioni di persone, tra cui, più o meno, un milione di cattolici. È, per intenderci, anche il “pastore” di Abu Dhabi dove il 4 febbraio 2019 il Papa e il grande imam di al-Azhar firmarono il testo. «A mio avviso – spiega Martinelli – il documento è profetico sia per la forma che per il contenuto. Per la forma in quanto firmato per la prima volta dal capo della Chiesa cattolica e dalla massima autorità sunnita. L’idea stessa di un testo congiunto sul tema della fraternità umana rappresenta qualche cosa di inedito che inaugura una possibilità di cammino condiviso stabile tra cristiani e musulmani. Quanto al contenuto è profetico perché invita i fedeli delle diverse religioni ad impegnarsi su temi precisi su cui incontrarsi e condividere valori e visioni, nel rispetto e nell’apprezzamento delle differenze tra le fedi».

Cosa, in particolare?

L’invito alla fratellanza universale, il riconoscimento che Dio vuole che tutti gli uomini si accolgano come fratelli e sorelle, l’affermazione radicale per cui non si può fare violenza in suo nome, l’uguale dignità di tutti, la promozione della donna, il tema della pace e della giustizia, come quello della cittadinanza, sono tutte considerazioni fondamentali che acquistano un peso decisivo per il fatto che sono sostenute dalle massime autorità di due religioni diverse.

Quali finora gli effetti più importanti del testo?

Il documento ha innescato un processo di dialogo e di confronto tra le religioni che fa riferimento a questioni cruciali riguardanti l’umano comune. Non si tratta di un dialogo sulle dottrine, che pure rimane interessante e necessario, ma di interrogarsi su come le religioni insieme possano rendere il mondo più umano e fraterno. Potremmo parlare di responsabilità antropologica delle religioni. Un altro effetto positivo è l’aver posto di nuovo il tema di Dio, dimenticato in tanta cultura occidentale, e non solo. La questione di Dio diventa la questione centrale dell’umano. Le religioni in nome di Dio prendono la parola sulle questioni umane fondamentali.

Per una Chiesa “pellegrina” come la vostra, composta in larga parte da lavoratori stranieri, cosa rappresenta?

Quel documento, che chiedo sempre ai nostri fedeli di leggere e rileggere, è per noi innanzitutto un invito alla testimonianza semplice e umile del Vangelo in una società islamica dove è proibita ogni forma di proselitismo. Le parole del documento ci chiamano all’impegno quotidiano della testimonianza.

Avete avuto la gioia della presenza del Papa. Di quella visita cos’è rimasto in particolare?

Il Papa rivolgendosi ai nostri fedeli ha parlato giustamente di polifonia per indicare la diversità nell’unità. Sono convinto che quanto il Signore ci dona da vivere qui è significativo per tutta la Chiesa e per il futuro della vita cristiana. Ne ho fatto esperienza al Sinodo, ad ottobre, quando ho potuto condividere con gli altri vescovi la nostra esperienza.

Uno degli effetti, mi corregga se sbaglio, del testo è la nascita della Abrahamic family house, che comprende una chiesa, una sinagoga e una moschea. Che significato ha?

Certamente la Abrahamic family house costituisce un momento decisivo di ricezione del Documento sulla fratellanza umana. È interessante che il progetto abbia previsto l’inclusione anche di una sinagoga oltre alla moschea e alla chiesa cattolica. Si tratta nello stesso tempo di un modello e di un simbolo di convivenza tra le religioni. Ogni fedele che si reca nel proprio luogo di culto riconosce la presenza di fedeli di altre religioni, pertanto è educato a vivere la propria appartenenza nel riconoscimento e nel rispetto delle esperienze differenti. Inoltre, questo luogo prevede un percorso di conoscenza delle tre fedi. Infine, la Abrahamic family house permette momenti di confronto e di formazione comune tra persone di diverse religioni, seguendo il cammino proposto dal documento sulla fraternità umana.

Il documento parla di fratellanza, che è un’espressione tipica della spiritualità francescana…

È bene ricordare che la firma del documento avviene a 800 anni dall’incontro di san Francesco d’Assisi con il sultano Malek Al Kamil a Damietta. Idealmente rappresenta una continuazione di quella esperienza che ha segnato profondamente il santo di Assisi. Fu una esperienza di fraternità e di pace in un tempo di conflitto.

Quali effetti può avere sul dialogo la crisi mediorientale? Il grande imam di Al-Azhar si è schierato in modo anche molto duro contro Israele.

Il conflitto attualmente in atto in Medio Oriente ha aspetti e proporzioni sicuramente inediti rispetto al passato; si vede dalle difficoltà riscontrate nei tentativi di trovare una via di uscita. In questo senso penso che il contributo fondamentale della Abrahamic family house sia il fatto stesso di esistere. È un invito costante a non darsi per vinti, a non rassegnarsi alla guerra. Questo centro rappresenta una realtà di convivenza che può ispirare e rilanciare cammini di pace.

Cinque anni sono tempo sufficiente per fare il “tagliando” al Documento. Su cosa bisogna puntare da qui in poi per attuarlo?

Sull’educazione delle nuove generazioni. È certamente decisivo che esso ispiri percorsi formativi e di educazione al dialogo tra i giovani appartenenti a fedi diverse, affinché si impegnino a lavorare insieme per un mondo più fraterno ed umano. Dev’essere oggetto di studio nelle scuole e nei percorsi di catechesi. Il dialogo interreligioso, infatti, non riguarda dall’esterno la nostra fede, il rapporto con persone di altre fedi è essenziale alla nostra fede cristiana oggi.

Riccardo Maccioni

Avvenire, 4 febbraio 2024