UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

A 50 anni dai Decreti Delegati, i genitori riscoprano la partecipazione

È necessario arrivare presto a un nuovo patto educativo (e di civiltà) tra dirigenti, docenti e famiglie
2 Febbraio 2024

Manca ancora qualche mese, ma l’anniversario, almeno come intervallo d’anni, è cominciato: 1974-2024, da 50 anni la scuola dispone di strumenti normativi per i quali possiamo affermare che è iniziata la “democrazia scolastica”. Cinquant’anni sono tanti. Sono una vita. In cinquant’anni possono cambiare regimi, istituzioni, culture, tecnologie. Come non sarebbe potuta cambiare la scuola? Tuttavia, l’importanza di quegli strumenti a tutti noti come Decreti Delegati, a distanza di tanti anni, non solo non ci pare scemata, ma ci sembra persino accresciuta. Quelle norme, infatti, rappresentano un vero e proprio spartiacque, un passaggio “storico” tra un modo di “pensare” e “vivere” la vita scolastica come inserita in una struttura imperativa e sovraordinata a uno stile di partecipazione e corresponsabilità. La questione, però è delicata, per alcune ragioni che cercheremo ora di esporre in un’analisi inevitabilmente sommaria e veloce, ma che pensiamo comunque di stimolo alla riflessione.

Innanzitutto, l’esperienza storica ha dimostrato che il “modello” risente molto del clima del tempo. Non si può pensare che la crisi di rappresentanza e di partecipazione al voto che ha investito il Paese non si riverberi anche sul mondo della scuola. Da anni constatiamo come la presenza alle votazioni dei rappresentanti dei genitori sia nei consigli di classe sia nei consigli di istituto, tranne lodevoli e rare eccezioni, sia scarsissima.

In secondo luogo, l’avvento dell’autonomia scolastica e il trasferimento di competenze in merito alla configurazione dell’offerta formativa territoriale hanno cambiato profondamente il campo da gioco e la sensazione generale è che le questioni strategiche non competano ai consigli, ma ai dirigenti scolastici e che i problemi didattici vadano trattati individualmente direttamente dai genitori con i singoli docenti.

Infine, l’introduzione dello statuto delle studentesse e degli studenti ha trasformato i consigli di classe e i consigli di istituto in veri e propri tribunali per le infrazioni disciplinari degli studenti, grazie anche a procedure che hanno irrigidito i rapporti educativi in forme di natura semigiudiziale, caricando su studenti e genitori responsabilità che meglio spetterebbero alla sola componente tecnica. Gli anni ruggenti della contestazione avevano alimentato l’idea di un conflitto fra docenti e studenti e “non ci si fidava” dei docenti. Oggi constatiamo che spesso nelle azioni disciplinari i più duri avversari dei compagni sono gli stessi studenti, mentre i genitori sono in lotta fra loro e pronti da un lato ad accusare e chiedere esemplari punizioni per i figli degli altri, dall’altro a difendere i propri figli con l’ausilio di avvocati per i quali la dimensione educativa può essere tranquillamente calpestata e derisa.

Tutto quanto abbiamo fin qui esposto, tuttavia, non inficia minimamente l’idea di partecipazione e coinvolgimento dalla quale quei Decreti, chiamati per antonomasia “Delegati”, sono scaturiti. È necessario invece una loro radicale revisione. In particolare, deve essere rivisto il Dpr 416/74, considerato che gli altri sono stati o superati o annullati da un incontenibile sgorgo di normazione successiva. Il 416/74 istituiva e definiva gli Organi Collegiali con l’idea di realizzare «la partecipazione della gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica».

Possiamo affermare che quello spirito è stato superato? Certamente no, solo che per essere concretamente attuato esige un nuovo modello che superi meccanismi sentiti come obsoleti e privi di significato. Noi di Agesc siamo ben disponibili a collaborare, nel momento in cui le autorità di governo della scuola e del Paese attivassero tavoli di confronto su questo tema, per contribuire a portare anche il nostro Paese in linea con le altre nazioni Europee. Ricordiamo in proposito l’importanza della confederazione di associazioni denominata European Parents Association (Epa), che a tutt’oggi svolge un importante ruolo di counseling presso le istituzioni comunitarie. È con questo spirito che, come Agesc, riteniamo importante la presenza dei genitori. In altre parole, occorre arrivare ad un nuovo patto educativo tra dirigenti, docenti e genitori, affinché i nostri giovani possano coltivare semi di fiducia nelle istituzioni scolastiche, riappropriandosi di quel valore, non solo simbolico, che è un vero momento concreto di educazione civica, ovvero di educazione democratica alla civiltà.

Avvenire, 2 febbraio 2024