UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ecco perché otto studenti su dieci scelgono l’ora di religione cattolica

Un intervento del prof. Luciano Pace, insegnante e autore
25 Gennaio 2024

In questo periodo di iscrizioni scolastiche giungono puntuali due raccomandazioni dedicate all’Insegnamento della religione cattolica (Irc). La prima raccomandazione la offre come di consueto la Conferenza episcopale italiana che, anche quest’anno, indica l’Irc come una “preziosa opportunità formativa”. L’altra raccomandazione, a essa opposta, giunge da chi desidera eliminare l’Irc dalla scuola, perché, a dire di taluni, “non piace più”.

Due parti ben distinte si confrontano, dunque. Negarlo sarebbe fazioso. Chi raccomanda di scegliere di non frequentare l’Irc perché non è piacevole lo sostiene alla luce dei dati che mostrano, anche quest’anno, un leggero calo di iscrizioni. Il che, a chi è ben informato sul tema, non desta certo sorpresa: l’andamento della decisione di avvalersene o meno mostra l’Irc in leggerissima flessione da trent’anni a questa parte. Nessuno scalpore, dunque. Certo, i dati sulla scelta andrebbero anche interpretati, visto che la sociologia è, nel modo in cui Max Weber l’ha pensata, una disciplina che mira alla comprensione e non solo alla raccolta acritica di fattualità. Tale interpretazione dovrebbe fondarsi su una comprensione simile a quella dello scienziato che indaga il senso dei fatti sine ira et studio. Nel caso specifico, potrebbe essere di aiuto condurre un’indagine qualitativa, con cui dissotterrare i motivi legati alla scelta di avvalersi o meno dell’Irc. Tale indagine, ovviamente, dovrebbe essere proposta sentendo le ragioni di entrambe le campane.

Inoltre, parrebbe opportuno evitare di presentare dati spicci solo per tirare acqua al proprio mulino. L’Irc “non piace più”, si afferma. Davvero siamo condannati tutti quanti a pensare che il nostro unico criterio per comprendere il senso di ciò che accade, anche a livello sociale, sia il freudiano “principio del piacere”? Nonostante l’edonismo sia comodo per fare audience nella società dei consumi, ci si potrebbe domandare: come è possibile comunicare il valore scolastico di una disciplina se, in alternativa a essa, si propone anche di non fare nulla di istruttivo, potendo uscire da scuola, andando a oziare beatamente?

Perciò, di fronte a una situazione di questo tipo, il dato che risalta non è tanto quello di chi decide di non avvalersi dell’Irc, perché risulta spesso comodo farne a meno. Il dato di fatto più interessante da notare è quello per cui in tutt’Italia, dopo trent’anni, ancora circa l’80% in media degli aventi diritto (dato al ribasso, perché chi scrive non è un sociologo raffinato come Weber vorrebbe) frequentano l’Irc nonostante la possibilità di decidere di fare nulla di istruttivo in alternativa. Questo accade solo perché piace ed è ballabile? Siamo seri... Non è più probabile supporre la conclusione per cui, come segnala la Cei, questa disciplina è riconosciuta di valore formativo da chi la frequenta?

Perciò, cari studenti e genitori, considerate attentamente queste due opposte possibilità alternative. Se poi il vostro sarà un “no” all’Irc, se non altro non compirete questa scelta solo perché qualcuno ha insinuato in voi il dubbio che il mulino dell’Irc sia brutto e la sua campana fastidiosa.

Luciano Pace, insegnante di Religione cattolica nella Diocesi di Brescia, docente di Pedagogia e Didattica dell’Irc e curatore del blog “oradipace.it”

Avvenire, 24 gennaio 2024