UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Antropocene, che cosa chiede Dio all’uomo?

Dal punto di vista cristiano è una sfida a unire il genere umano nella solidarietà e nella carità
23 Maggio 2022

Esperti e giovani ricercatori hanno riflettuto nei giorni scorsi a Roma, al Centro Convegni Bonus Pastor, su “Antropocene, era dell’umano: l’attività umana nella storia naturale”. Alla manifestazione, organizzata dalla Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare (Sisri), sono intervenuti, fra gli altri, Emilio Padoa Schioppa, Alberto Peratoner, Giancarlo Genta, Ivan Colagè. Di seguito, uno stralcio dalla relazione di Giuseppe Tanzella-Nitti, teologo della Pontificia Università della Santa Croce e direttore del Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede.

Durante la seconda metà del XIX secolo, il geologo e sacerdote cattolico Antonio Stoppani, autore del primo trattato di geologia del territorio italiano, intitolato Il Bel Paese (1876), portò l’attenzione sul fatto che la presenza dell’essere umano sul nostro pianeta aveva raggiunto un’influenza globale, suggerendo di chiamare “antropozoica” l’epoca geologica nella quale ormai ci si trovava. Dopo oltre un secolo, Paul Crutzen e Eugene Stormer si ricollegarono proprio a Stoppani intitolando Anthropoceneil loro articolo apparso nell’anno 2000 sulla “Global Science News Letter”, nel quale si chiedevano a partire da quale data, e a motivo di quali fenomeni antropici, si potesse definire l’inizio di questa nuova “era geologica”. Il termine è tornato alla ribalta in questi ultimi anni a causa della questione ecologica, dei cambiamenti climatici e degli altri possibili effetti della presenza umana, diffusa e pervasiva.

Dal punto di vista scientifico, la definizione dell’inizio formale di una nuova era spetta ai geologi della International Commission on Stratigraphy (che non ha ancora preso una decisione); tuttavia, nei suoi aspetti mediatici, sociali e politici, nell’Antropocene ci siamo già da un pezzo. L’essere umano, entrato nella storia naturale «in punta di piedi », per usare un’espressione di Pierre Teilhard de Chardin, sembra poter adesso influenzare in maniera decisiva e globale molte delle dinamiche terrestri a livello chimico, biologico, geologico e ambientale, tanto da poter, appunto, essere considerato un fattore determinante per lo stato complessivo del pianeta. Il tema, però, è filosoficamente più profondo di quanto sembri, se pensiamo che espressioni come “influenza sul pianeta” e “influsso globale” possono riguardare anche la comunicazione, la condivisione e la solidarietà. Dal documento programmatico Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato (1990) di Giovanni Paolo II, fino alla Laudato si’ (2015) e alla Fratelli tutti (2020) di Francesco, il magistero della Chiesa cattolica ha da tempo guidato una riflessione di primo piano sulla responsabilità ecologica e sullo sviluppo sostenibile, guadagnando sul campo un’autorità ormai riconosciutale a livello internazionale. Sono insegnamenti ben noti che non è necessario qui richiamare.

La teologia viene però sollecitata dalla nozione di antropocene a un’ulteriore riflessione, specie se questo termine viene compreso come «epoca in cui l’essere umano giunge a una visione unitaria e globale della sua attività sulla terra». Dio ha infatti affidato agli uomini un creato in via e l’attività umana nel cosmo – ormai operiamo ben oltre i confini della terra – contribuisce al progetto del Creatore mediante la costruzione di un futuro aperto sulla storia. La teologia potrebbe allora porsi una domanda, forse inconsueta ma significativa: qual è l’Antropocene voluto da Dio? Teilhard de Chardin si era già chiesto un secolo fa qualcosa del genere, sebbene impiegando termini diversi. Partendo dai suoi studi di paleontologia, il pensatore gesuita consegnava la suggestiva visione di un mondo in convergenza evolutiva, che diventa gradualmente più complesso, dalla biosfera fino alla noosfera, ambito del pensiero, che pervade l’intero pianeta. Grazie alla sua vita spirituale, l’uomo avrebbe le risorse per unificare tutto il genere umano nella solidarietà e nella carità. Compito dell’umanità, sosteneva, è allora adoperarsi per realizzare tale condivisione e convergenza, lasciando che Cristo, centro del cosmo e della storia, possa attrarre tutti a sé, affinché Dio sia tutto in tutti. Se osserviamo gli effetti che cristianesimo ha determinato sulla storia, in modo particolare quella dell’Occidente, non è difficile trovare opere e prospettive di carattere globale e unificante.

Giuseppe Tanzella-Nitti

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