Il 31% dei ragazzi ha visto messaggi d’odio in rete e il 58% non ha fatto nulla. Il web si presenta agli studenti come una grande opportunità, ma con minacce altrettanto rilevanti per le quali occorre attrezzarsi. Perché le parole possono ferire, calunniare e distruggere. Questo il messaggio lanciato venerdì 9 febbraio 2018 nel corso della giornata di formazione gratuita sul digitale “Parole a scuola”, che si è tenuta all’Università Cattolica di Milano con la partecipazione di circa 1.400 insegnanti, dalle elementari alle superiori.
Obiettivo principale dell’iniziativa è diffondere fra gli studenti il “Manifesto della comunicazione non ostile”, promosso dall’associazione temporanea di scopo che si chiama appunto “Parole ostili” e di cui l’ateneo di largo Gemelli è partner.
A dare il benvenuto agli insegnanti provenienti da tutta Italia il rettore Franco Anelli, che ha sottolineato come ci sia differenza fra la parola detta e quella fatta esplodere in rete. Nato un anno fa, il manifesto, con i suoi dieci punti, sta girando l’Europa e presto diventerà un libro, come ha annunciato Rosy Russo, presidente dell’associazione, che ha consegnato simbolicamente a un’insegnante di Siracusa una delle cento schede didattiche.
È toccato, poi, a Vera Gheno, linguista dell’Accademia della Crusca, mettere in luce le parole che oggi vengono percepite in maniera preoccupante: «Noi alle prese con internet siamo come neopatentati alla guida di una Ferrari». E il tema non riguarda solo il mondo dell’educazione, ma anche quello del giornalismo, come ha evidenziato Monica Maggioni, presidente della Rai: «Le parole dicono chi sei tu e quelle che fanno male sono quelle che alterano la realtà». Alla sessione plenaria era presente la ministra Valeria Fedeli. «Media e scuola devono agire per contrastare le parole di odio – ha detto –. La lingua non è qualcosa di neutro o privo di effetti. Bisogna riconoscere la comunicazione che nasconde odio, sopraffazione e violenza». E ha ribadito l’importanza della consegna a tutti gli studenti di una copia della Costituzione a 70 anni dalla sua promulgazione: «un libretto delle istruzioni» anche per muoversi nella rete. Sui rischi di internet ha illustrato alcuni dati: il 97% dei ragazzi fra i 15 e i 17 anni naviga con lo smartphone e ben il 51% ha fra i 9 e i 10 anni. C’è anche un 26% che lo utilizza a scuola a titolo individuale, mentre il 37% lo usa tutti i giorni per fare i compiti. Un ragazzo su tre, infine, pensa che stiano aumentando i contenuti pericolosi.
Internet, quindi, fra rischi e possibilità. «I nostri ragazzi non possono essere fruitori passivi di internet – ha concluso –. Di bullismo e cyberbullismo si muore. È indispensabile un patto di corresponsabilità educativa fra scuola, famiglia e ragazzi». Il dibattito è proseguito nelle aule. Tanti i temi: dalle buone pratiche di utilizzo dei social media all’educazione civica digitale. Sono parole ostili anche quelle incomprensibili. Come ha osservato Nicoletta Martinelli, giornalista di Avvenire, curatrice del supplemento Popotus, nel corso dell’incontro dedicato a “Il lato buono della rete”. «Da 22 anni traduciamo il mondo delle notizie a misura di bambino. Con un linguaggio accogliente. Semplificando, senza banalizzare – ha chiarito –. Cerchiamo di contagiare i piccoli con le informazioni di attualità per farne dei cittadini consapevoli, che abbiano voglia di cambiare le cose».
Giovanna Sciacchitano
Avvenire, 10 febbraio 2018