UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Santa Barbara, scommettere sull’educazione

Nelle celebrazioni in onore della patrona di Rieti, l’invito del vescovo Pompili ad affrontare l’emergenza sociale: “Servono maestri”
14 Dicembre 2020

Per la festa della patrona in versione “pandemica”, un appello a tradurre l’esempio di risolutezza e fortezza della martire in uno sforzo di rinnovamento. Puntando a scommettere, in particolare, sull’educazione.

È stato quest’ultimo il tema centrale della riflessione proposta dal vescovo Domenico Pompili nelle celebrazioni in onore di santa Barbara. Una festa inevitabilmente in tono minore. Niente fiera, poca gente in giro, banditi spettacoli pirotecnici, concerti e fiaccolate. In Cattedrale, però, il clima era quello di sempre: campane a distesa, la cappella berniniana dedicata alla santa illuminata e addobbata a festa, il sacello sotto l’altar maggiore che custodisce le reliquie aperto alla venerazione dei devoti. E nel rigoroso rispetto delle misure previste, autorità e fedeli non sono mancati agli appuntamenti liturgici della vigilia – con l’ormai consueto Discorso alla città che Pompili ha voluto lanciare sin dal suo primo anno di episcopato – e della giornata della solennità scandita al mattino dalla Messa coi Vigili del fuoco e al pomeriggio dal tradizionale pontificale.

Ha dunque insistito, Pompili, sulla necessità di non perdere la speranza che «nulla potrà mai separarci dall’amore di Cristo», pur nella tribolazione così pressante di questo annus horribilis, in cui il virus «ha certamente accelerato e amplificato alcune urgenze ed emergenze e ne ha rivelate altre. Alle difficoltà sanitarie ora si accompagnano quelle economiche e sociali», ha ricordato nel Discorso della vigilia. Un’urgenza ancora maggiore, ha aggiunto Pompili, è quella educativa. Ecco perché occorre «ripartire dall’educazione». Per far questo, però, «ci vuole “un villaggio dell’educazione”, cioè un patto tra le varie agenzie educative: famiglia, scuola, istituzioni civili e religiose. Ci vuole tempo, gradualità, passione, dialogo con l’altro e, perfino, affetto».

Al riguardo, rivolgendosi ai rappresentanti istituzionali e delle forze sociali presenti in Duomo, il vescovo non ha esitato a scendere sul concreto: «Se penso all’edilizia scolastica alle prese con il post terremoto o all’estenuante questione del polo universitario o ancora alla difficile condizione di docenti e alunni specie i più piccoli, trovo che l’educare è l’unica risposta. È questo, infatti, l’investimento più importante che quando si realizza non ci fa sentire più “separati” o “abbandonati”, ma concentrati sul costruire insieme il futuro». Concetti ribaditi l’indomani nella Messa della solennità della martire. Una che aveva preso «sul serio le parole di Gesù» appena risuonate nel Vangelo proclamato nella liturgia: quel confidare in lui che darà sollievo e aiuterà a portare il suo “giogo“.

Barbara, ha detto il vescovo, non si fece spaventare di affermare la sua dignità, distaccandosi dalle logiche pagane ancora in voga negli anni del declino dell’impero romano. Un declino i cui indizi, ha sottolineato il vescovo, erano evidenti allora, tra III e IV secolo, e ci devono mettere in allarme anche oggi: calo demografico e una cultura ormai imbarbarita. Anche oggi «la crisi demografica e quella educativa sono segni di una crisi che – al netto del Covid – non è solo economica, ma spirituale». E proprio dalla vicenda di santa Barbara il presule ha invitato a trarre spunti validi. Primo spunto: «servono… maestri».

Pompili ha ricordato il vincitore del Global teacher prize, il maestro indiano Ranjittsinh Disale, «che appena arrivato al villaggio cui era stato destinato per la scuola femminile non si è scoraggiato: la scuola era una stamberga e una su dieci delle ragazze si recava saltuariamente a lezione per andare nei campi», ma lui ce l’ha messa tutta per inventarsi mille strategie per poter trasmettere la conoscenza.

Segno che l’educazione può essere determinante. Il secondo spunto «è che più del fuoco può il coraggio», ha proseguito il presule ricordando il detto popolare “Si nasce incendiari e si muore pompieri”. «Ci vuol poco a distruggere e oggi la tendenza è a demolire. Ma chi ricostruisce poi? Santa Barbara si sottrasse alla follia di un impero economico e militare che non aveva alcun riguardo per la persona ed introdusse dentro una società in fiamme la libertà e la creatività». E poi, terzo spunto: «la fede è l’unico antidoto alla superstizione». Quella superstizione che all’epoca era la “pax romana” basata in realtà su violenza e sopraffazione. Anche oggi si tende ad adorare “idoli” che sono «violenza, bullismo, razzismo». E come santa Barbara non esitò a sollevarsi contro il padre per ribellarsi a tale situazione, così oggi serve un rigurgito di fede risoluta e convinta.

Zeno Bagni

Lazio Sette – Rieti, 13 dicembre 2020