UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Educare è aver cura dell’anima dei giovani

Gli interventi di mons. Mariano Crociata e di Luigina Mortari al seminario di studio promosso dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica
15 Novembre 2019

“Il fondamento dell’educazione è la filosofia della cura”. Ne è convinta Luigina Mortari, docente di pedagogia generale e sociale presso l’Università di Verona, intervenuta al seminario di studio “Educare a scuola si può?” svoltosi a Roma per iniziativa della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università della Cei.

L’incontro, ha spiegato Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per l’educazione, la scuola e l’università, che insieme al Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica ha collaborato all’organizzazione dell’iniziativa, è il terzo in preparazione all’evento “Educare ancora, educare sempre. Il tempo dell’educazione non è finito” in programma dal 19 al 21 marzo 2020 nella capitale.

“La scuola sembra essere sempre in stato di riforma” tra “il rincorrersi e l’accavallarsi di interventi legislativi” con “risultati devastanti facili da immaginare” e oggi “spesso, semplicemente da constatare”. Esordisce così mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, nel suo saluto al seminario. Nonostante ciò, prosegue Crociata, “la scuola ha continuato a svolgere la sua missione sociale e istituzionale, a formare generazioni di bambini e ragazzi” anche se con esiti “non sempre del tutto apprezzabili”. La nostra società, evidenzia, “porta dentro la scuola il pluralismo delle visioni della vita, chiedendo di imparare ad orientarsi e a decidere che cosa e chi si vuole essere. Proprio quest’esigenza”, tuttavia, “rimane spesso disattesa perché la debolezza del pensiero non consente di pervenire ad una visione e a una decisione conseguenti”.

Richiamando l’interrogativo che dà il titolo all’incontro, il presule avverte: “Questa domanda attende una risposta innanzitutto intorno alla pertinenza dell’educare come compito della scuola” che va adempiuto “dal punto di vista pedagogico e didattico, senza perdere di vista le implicanze sociali e civili e aggiungerei anche quelle circa la domanda religiosa”. In ogni caso, “rimane sempre aperta la questione di come un tale compito possa essere assolto dagli educatori e condiviso dagli stessi giovani e, quindi, quale forma debba assumere e quale efficacia possa conseguire sulle persone, soprattutto su questi ultimi”. Con questo seminario, spiega, “si conclude il percorso in tre tappe voluto per prepararsi all’evento sull’educazione di marzo prossimo per dire, dopo 10 anni di Orientamenti pastorali centrati sul tema, che il tempo dell’educazione non è finito perché, al contrario, di essa si avverte sempre più il bisogno e urgenza”.

Oggi, ha quindi osservato la professoressa Mortari, si declina la parola educazione in diverse modalità ma “si è dimenticato lo sfondo sul quale l’educazione si colloca”. Dopo avere scattato una fotografia della nostra realtà, la docente ha precisato che “educare” non deriva dal latino e-ducere, come comunemente si crede, bensì dal verbo latino “educare” che significa “allevare, coltivare, avere cura; dunque il senso dell’educazione è nell’avere cura”. Pertanto il lavoro dell’educatore è “avere cura dei giovani “, anche della loro anima. L’autentica educazione, ha concluso, è “educazione spirituale nella sua essenza”. Queste le sue diverse declinazioni: “cognitiva ossia della mente; affettiva, dei sentimenti; estetica, ossia avere cura del bello; politica intesa come cura della vita degli altri; spirituale ossia educazione dell’anima e del pensare, che significa anche imparare a distinguere il buono dal cattivo, il giusto dall’ingiusto”.

Giovanna Pasqualin Traversa

Sir, 14 novembre 2019

ALLEGATI