UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Zarka, la scuola cattolica a maggioranza musulmana

Fondato dai missionari orionini, l’Istituto professionale maschile “Saint Joseph” attualmente accoglie 650 ragazzi tra i 13 e i 18 anni
2 Novembre 2020

«Le persone autenticamente religiose possono mostrare che è possibile costruire cose buone lavorando fianco a fianco». Lo ha detto l’orionino padre Hani Polus Al Jameel, responsabile della scuola professionale maschile Saint Joseph, fondata dai missionari Orionini nel 1984 a Zarqa, in Giordania. Il tempo gli ha dato ragione, perché in tutti questi anni la scuola ha formato piccoli eserciti di operai e di professionisti che hanno contribuito al benessere della nazione.

Gli studenti musulmani sanno di trovarsi in una scuola cattolica, ma sono legati con i coetanei cattolici da rapporti di amicizia e di rispetto «perché – ha detto il professor Isam Shuli, padre di sei figli e insegnante di arabo – non vi sono differenze di trattamento; sono tutti uguali; sono studenti e basta». I missionari sono ovunque promotori di sviluppo; non vanno a progettare una scuola e poi delegare la costruzione a una ditta ansiosa di profitti, compreso il sovrappiù delle tangenti. Essi bruciano la vita sul posto e costruiscono con un ingegno che diventa servizio.

La scuola è nata così e propone vari indirizzi di studio: scientifico, letterario, informatico, alberghiero, meccanico, falegname e accoglie attualmente 650 ragazzi dai 13 ai 18 anni: 550 sono musulmani, gli altri cristiani, accomunati dal desiderio di collaborare al progresso della nazione. «Una peculiarità della scuola – aggiunge padre Al Jameel, docente di religione –, è la presenza di studenti che provengono da Paesi diversi e imparano a crescere insieme rispettandosi amichevolmente. Vi sono giordani, giordano-palestinesi, ma anche iracheni e siriani fuggiti dalla guerra e dal Daesh».

Il professor Isam dice di essere soddisfatto di lavorare alla Saint Joseph sia per la gestione intelligente e ordinata, sia perché la diversa provenienza degli studenti non crea distinzioni, contrariamente a quanto avviene nell’ambiente giordano, dove queste differenze nuocciono al buon andamento scolastico e disciplinare. Altro motivo di soddisfazione per il professore è l’ottimo successo scolastico che in un sistema di scuole private competitivo come quello giordano ha un gran peso «Noi docenti – aggiunge – condividiamo lo scopo e la filosofia della scuola e la nostra diversa appartenenza religiosa consente di conoscere i rispettivi valori e pregi».

Gli fa eco padre Hani che conferma come gli insegnanti lavorano insieme con grande spirito di collaborazione e un unico obiettivo: la formazione umana e professionale dei ragazzi. «Lo scorso anno io e l’insegnante di religione musulmano abbiano avviato un’iniziativa molto interessante; abbiamo unito le nostre classi preparando una lista di informazioni da affrontare dal punto di vista cristiano e islamico. I ragazzi ne furono entusiasti e facevano a gara per intervenire. È un’esperienza che vorremmo ripetere».

Lo stesso professore è convinto che l’accoglienza, il rispetto, la collaborazione non nascono spontaneamente nel cuore delle persone ma si costruiscono i ragazzi imparano ciò che trasmettono loro con l’educazione.

Padre Hani e i suoi confratelli trovano anche il tempo di interessarsi dei profughi. Hanno cominciato offrendo le briciole, ma poi hanno preparato un progetto da presentare a vari istituzioni, come la Cei, che ha dato la possibilità di aiutare 14.000 profughi in prevalenza siriani. Successivamente con l’Ong “Manos Unidas” hanno presentato un secondo progetto per sostenere 12.000 profughi iracheni. È stato un lavoro immane - ha detto Padre Hani - perché le famiglie che hanno lasciato il campo profughi di Zaatari per stabilirsi a Zarka hanno bisogno di tutto: medicine, coupon per la spesa, materassi, stufe, coperte. Per molti siriani di fede islamica noi siamo stati i primi cristiani conosciuti da vicino e abbiamo notato la loro sorpresa nel ricevere l’aiuto dai cristiani. Non se l’aspettavano. Ora ci rispettano e ci vogliono bene. Ma le necessità aumentano e stiamo cercando fiduciosamente altre organizzazioni perché con le nostre forze possiamo dare solo incoraggiamenti che non eliminano la fame. E noi abbiamo troppo rispetto di Dio per non adottare le sue più disertate creature.

Egidio Picucci

Avvenire, 31 ottobre 2020