UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Web e tecnologie, il 68% dei giovani manifesta «problemi»

Una ricerca del Corecom Lombardia
26 Gennaio 2023

La tecnologia è ormai una parte di noi, i telefonini una emanazione di noi stessi, delle nostre vite. In quello schermo abbiamo tutto, tutto passa dalla rete. Ma a quale prezzo? C’è una relazione casuale tra disturbi psichici, in forte aumento soprattutto fra i giovani, e un uso non corretto delle tecnologie? Come usare al meglio gli strumenti dell’era digitale? Domande legittime che pone il Corecom, il Comitato regionale per le comunicazioni della Lombardia, alla luce della ricerca promossa e presentata ieri, “I giovani e l’utilizzo delle tecnologie”, curata da Polis-Lombardia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano Bicocca.

I dati mostrano tutta la serietà del problema: il 25% di giovani tra i 14 e i 21 anni sviluppano un uso problematico della rete, una percentuale che raggiunge il 68% nella fascia di età tra i 19 e i 26 anni, dove il rischio che diventi una dipendenza è del 9%. A influire è stata anche la pandemia, durante la quale, nel 2021, è stato registrato un aumento di oltre l'80% delle interazioni sui social rispetto al periodo pre Covid. Secondo l’analisi, un uso scorretto e prolungato della rete «può portare a manifestazioni psichiatriche e a vere proprie patologie, soprattutto negli adolescenti» e un uso massiccio dei dispositivi a «conseguenze psicologiche e sociali».

Tra le patologie più frequenti, evidenziate dalla ricercatrice Cecilia Martines, ci sono: «Depressione, problemi del sonno, comportamenti antisociali e disturbi dell’alimentazione fino alla dipendenza». E allora «le scuole, le famiglie, i pronto soccorsi ci hanno chiesto una mano», aggiunge Marianna Sala, presidente Corecom Lombardia, che si chiede: «Può essere davvero tutta colpa di internet? Spesso lo si incolpa per sentito dire. Ci siamo domandati se è vero, e se lo è abbiamo il dovere di intervenire. Altrimenti ci troviamo di fronte a una mattanza di ragazzi».

Ma non serve demonizzare. Serve educare. In classe, «un uso dello smartphone guidato dall’insegnante ha riscontrato effetti positivi sul rendimento, mentre uno non guidato può avere un esito negativo», spiegano la ricercatrice Chiara Respi e il professore di Sociologia dei media all’Università Milano-Bicocca, Marco Gui. Cosa può fare la differenza? «È necessario formare anche i genitori – dice Raffaello Vignali (Polis Lombardia) – che spesso delegano l’educazione alla scuola. Ma ci vuole un’alleanza». Su questo ci giochiamo un’intera generazione. Il nostro futuro.

Giuseppe Matarazzo

Avvenire Milano, 26 gennaio 2023