«Stiamo male». È il grido che esce dal megafono portato alla bocca da una studentessa del liceo Carducci di Milano occupato da lunedì e per tutta la settimana e da ieri seguito dagli istituti Vittorio Veneto e Russell. «Una forte protesta politica in cui sperimentare una scuola diversa», dicono i giovani riuniti nel cortile. «Parleremo di salute mentale non solo nella scuola ma anche nella società tutta – spiega Arianna –. Vogliamo maggiori risorse per la scuola e per chi sta affrontando questi difficili momenti». Superare il vecchio sistema educativo è il mantra dei ragazzi che hanno organizzato lezioni con studenti universitari, dibattiti, laboratori, sportelli psicologici e assemblee. «Vogliamo riappropriarci dei nostri luoghi, i luoghi in cui viviamo e che non sono solo dei docenti – dice Samuele, rappresentante degli studenti del liceo –. Luoghi che sono stati trascurati. E poi reagire alle manganellate ricevute dai nostri compagni, al ritorno degli scritti alla maturità e all’alternanza scuola lavoro così come è concepita». Una scuola lavoro che è solo sfruttamento, sostiene un compagno.
Altro tema è la figura dello psicologo che gli studenti vogliono sia fissa all’interno della struttura scolastica mentre ora è una presenza insufficiente con poche sedute singole - il Carducci ospita 1.200 studenti - sostituite da quelle di classe. Secondo un questionario interno alla scuola che ha coinvolto 460 ragazzi, il 76,1 % ha avuto attacchi di panico o altri problemi durante un’interrogazione mentre il 59,7% durante un momento diverso della vita nell’istituto. «Ho passato lo scorso anno in Dad – racconta Simona –. In famiglia siamo in cinque, la casa è piccola e abbiamo solo due computer. Tra connessioni instabili e lezioni svolte attorniata da fratelli e genitori ora non riesco più a reintegrarmi».
L’occupazione è stata avviata da un centinaio di giovani, ai quali si sono poi uniti altri compagni. La notte di lunedì una settantina sono rimasti a dormire nell’istituto organizzando ieri mattina un picchetto per permettere ai professori di entrare solo dopo l’arrivo di tutti gli allievi. I docenti, che hanno accusato i ragazzi di interrompere un pubblico servizio, hanno potuto poi sedersi in cattedra ma in aule semivuote in quanto si sono presentati solo la metà circa degli studenti mentre il preside, Andrea di Mario, ha impedito l’ingresso agli esponenti di Friday for Future, allo psicologo Carlo Trionfi e all’ex candidato sindaco di Milano, Gabriele Mariani, che dovevano tenere le lezioni alternative, poi svolte in cortile.
«Da troppo tempo tra i banchi si nota un forte malcontento: compagni che non si presentano a scuola, individualismi, competizione – spiegano – assenza di spazi per attività extra scolastiche e mancanza di supporto psicologico: così che il nostro benessere ne risente fortemente». «E siamo sicuri che il nostro disagio viene percepito anche a casa. Siamo stanchi di subire passivamente – aggiunge Claudio – la nostra generazione è stata accantonata e dimenticata». Sempre dal questionario interno il 76,5% dei ragazzi dice di sentirsi giudicato piuttosto che valorizzato. «Per fare i professori non è sufficiente avere una laurea e tante nozioni – commenta Simona – bisogna saper appassionare, saperci parlare, avviare relazioni e avere emozioni». Per finire, l’attacco sull’abbandono edilizio: «Abbiamo molti bagni fuori uso, in alcune classi mancano le tende e in altre c’è molta muffa. È ora di dire basta».
Monica Lucioni
Avvenire, 9 febbraio 2022