UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Via il tablet, ora lezioni all’aperto

La scelta di una maestra: incontro nei giardini pubblici di Torino per i bimbi di seconda elementare
3 Giugno 2020

C’è chi ha ricominciato a socializzare, rispettando le misure anti-Covid, e chi invece aspetta prima di fare lezione “in presenza” o giocare con tutta la classe all’aperto perché non sono disponibili gli spazi o non è ancora stato dato il via libera dalle autorità. Il 15 giugno è la data fatidica per la maggior parte delle Regioni italiane: si apriranno i centri estivi, nei cortili di edifici pubblici o in aree verdi, a piccoli gruppi e in sicurezza. È un pezzo di scuola italiana del “dopo lockdown”, quella dei più piccoli, una realtà divisa tra la prosecuzione della didattica a distanza e l’inizio di un’estate che precede un insolito anno scolastico, con turni, orari ridotti, classi dimezzate e percorsi di accesso obbligati, il cui inizio è previsto per tutti a settembre.

A Torino, ieri, ci ha provato una maestra, Patrizia Venesia, a buttare simbolicamente i tablet alle ortiche: nel giardino pubblico “Grosa” sotto il grattacielo di Intesa San Paolo ha riunito gli alunni della seconda C della Primaria “Alfieri”, Istituto comprensivo Levi Montalcini, per fare educazione motoria e, finalmente, parlarsi... senza device e “fuori dagli schermi”. Uno di fronte all’altro, a cerchio, con le distanze garantite da bandierine con i propri nomi piantate sul prato, ognuno con la mascherina sul volto, grambiulino, zainetto e le manine disinfettate dal gel, i 22 bambini hanno cantato una canzone di Rino Gaetano («siamo bambini, siamo importanti, ci piace la scuola con i nostri insegnanti») e fatto festa rimanendo sempre “composti”. La docente ha deciso di prendere l’iniziativa quando alcuni dei suoi allievi le hanno detto, durante le video-lezioni, di non aver voglia di uscire da casa per tornare a scuola. «Ma non è un gesto polemico » ha precisato. Del resto, dalla Toscana all’Alto Adige sino allo stesso Piemonte, soprattutto nei piccoli Comuni, gli esempi di un ritorno alla socialità (non ancora alla didattica) in presenza grazie ad accordi tra Comuni e Terzo settore, non sono mancati, come ha raccontato Avvenire nelle scorse settimane.

Nel frattempo si avvicinano anche gli esami di maturità per i più grandicelli. Manca poco al “giorno x”: quindici giorni appena. E mancano circa 1.200 presidenti di commissione, il 9,9% del totale (sono in tutto 12.900). Le Regioni più in difficoltà sono Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Ma possibili defezioni potrebbero esserci anche nel resto d’Italia: non si esclude quindi che vengano affidate a un unico presidente più commissioni. Ma l’Associazione nazionale presidi non è d’accordo perché «si aggraverebbe eccessivamente la funzione dei presidenti». La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha annunciato, per risolvere il problema, un’ordinanza che fornirà ai direttori degli uffici scolastici provinciali lo strumento normativo per provvedere alle nomine d’ufficio anche in deroga al requisito dei dieci anni di anzianità di ruolo necessari a poter assumere l’incarico di presidente di commissione.

E a settembre, con la riapertura degli istituti, come sarà la situazione dei docenti? Ci saranno molte cattedre vuote? Si dovranno sdoppiare le classi? In questo caso servirebbero 200mila docenti in più per un costo, secondo un calcolo di tuttoscuola.com, di circa 5 miliardi e mezzo di euro. Per risolvere in tempo utile le carenze del personale docente, visto che il concorso straordinario per 32mila cattedre si potrà svolgere solo in autunno, cioè a lezioni iniziate, la ministra Azzolina ha annunciato l’attivazione delle graduatorie digitali e di una “call” veloce per ridurre le supplenze. Ma non si placa l’allarme lanciato da presidi e sindacati di categoria. I primi denunciano «l’impossibilità di gestire in sicurezza la riapertura delle scuole senza che prima sia attuati adeguati interventi di sistema». Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno proclamato uno sciopero generale del settore per l’8 giugno, motivandolo proprio con la «mancanza di risorse in termini di assunzioni e di finanziamenti». Ma il Garante Orsola Razzolini l’ha revocato perché «non rispetta il termine di preavviso» e la «regola dell’intervallo tra azioni di sciopero», visto che i Cobas avevano già proclamato un’analoga protesta per il 5 giugno.

Fulvio Fulvi

Avvenire, 2 giugno 2020