Le scuole dell’infanzia Fism, nonostante il permanere dei vincoli dovuti alla pandemia, continuano a garantire un’offerta educativa e formativa qualificata, inclusiva, attenta alle esigenze di ciascuno. Le stesse scuole che, peraltro, sono riuscite ad assicurare questa qualità alta anche nelle condizioni inedite e complesse che hanno caratterizzato l’ultimo anno e mezzo.
Anzi, anche in ragione della loro specifica identità cristianamente connotata, le stesse scuole hanno riscoperto e rinsaldato quella cultura inclusiva - che da sempre contraddistingue il loro Progetto educativo - in una prospettiva più ampia, più articolata, che è andata al di là dello sguardo alle differenze che caratterizzano il contesto scolastico - e, quindi, la progettazione e le esperienze educativo-didattiche -; una prospettiva che ha ricompreso anche la relazione con le famiglie, con la comunità, con i Servizi socio-sanitari. Un approccio all’inclusione, dunque, certamente come 'valorizzazione delle diversità' nell’ambito scolastico - con la dovuta cura ai bambini 'disabili', ai bambini fragili, ai bambini BES -, ma anche come 'pratica sociale' e come 'impresa comune'.
Assicurare inclusione attraverso la valorizzazione delle diverse competenze di ciascuno implica per le scuole associate considerare la diversità una risorsa educativa e non un vincolo; un arricchimento e non un 'intralcio', un ripiego. Significa cogliere le competenze dei bambini nel loro intrecciarsi; promuovere gli spazi dell’interazione che danno spessore a ciò che i bambini possono costruire insieme. Significa, ancora, assumersi come adulti la responsabilità di non escludere nessuno dall’esperienza condivisa. Perché tutti i bambini possono collaborare alla buona riuscita di un’azione condivisa. Si possono progettare e generare momenti di scuola a cui ciascuno può partecipare come può e come sa fare, facendo affidamento al proprio bagaglio attuale; aggiungendo comunque valore al lavoro insieme.
E questa è un’idea precisa di cultura inclusiva; vale a dire una chiara idea di comunità professionale e sociale che sa trovare per tutti degli aspetti di valore, che sa riconoscere e valorizzare l’apporto di ciascuno in quanto originale, autentico e per questo diverso da tutti gli altri. L’inclusione è una 'pratica sociale'. Le nostre scuole dell’infanzia, infatti, si impegnano a rendere inclusive le proposte educative, a fare in modo che i contesti di apprendimento, le specifiche situazioni della giornata scolastica mettano i bambini in grado di esprimere e 'giocarsi' competenze, di sviluppare potenzialità, di ampliare i confini di ciò che possono fare. Ed è solo con gli altri che questo può accadere; è con gli altri che si impara a fare ciò che ancora non si è in grado di fare da soli; è con gli altri che si apprende e si cresce.
L’interazione con i pari e con gli adulti a scuola rappresenta il 'trampolino' per realizzare inclusione. È lo spazio sociale in cui il riconoscimento reciproco, tra bambini, delle risorse e delle fragilità, permette un contatto autentico e una piena partecipazione all’esperienza collettiva di persone nella loro unicità. L’inclusione è, inoltre, una pratica sociale che si può imparare; è a disposizione di ciascun bambino e di ciascun adulto educatore che vive la scuola. Non sta solo 'nella testa' delle persone, ma nello spazio delle loro interazioni ed è 'distribuita' in quanto è in stretta relazione con i contesti che la scuola mette a disposizione dei bambini.
L’inclusione è una 'impresa comune'. Le nostre scuole sanno bene che riguarda ciascun membro della comunità scolastica; che 'appartiene' a tutti coloro che abitano la scuola: i bambini, gli insegnanti, gli operatori, i volontari, le famiglie, i testimoni privilegiati della comunità; chiunque contribuisca quindi, con la specificità del proprio ruolo, all’esperienza di educazione, apprendimento e socializzazione dei bambini. L’impresa inclusiva chiama in causa la scuola su più livelli: con i bambini, le cui forme molteplici di partecipazione la scuola si impegna a garantire; tra insegnanti, il cui lavoro collegiale consente di restare in apprendimento e poter agire il proprio contributo nelle pratiche educative; con le famiglie, per investire nella restituzione del senso delle proposte educative e per renderne partecipi genitori e adulti della comunità. Le diverse possibilità di partecipazione e le diverse forme di coinvolgimento rispondono dunque alla cultura inclusiva di scuola propria del Sistema Fism e, nel contempo, danno conto di quanto per le scuole associate l’inclusione sia realmente uno 'stile' di essere e di fare scuola, una 'postura' istituzionale, professionale e organizzativa.
Lucia Stoppini
Avvenire, 12 ottobre 2021