UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Università, i progetti inclusivi della Federico II

Il contributo dell’ateneo per la riduzione delle disuguaglianze sociali
14 Luglio 2021

È noto che la ricerca scientifica e la formazione universitaria traggono benefici dalla localizzazione in grandi centri urbani. Infatti, la concentrazione porta sinergie, contaminazioni tra saperi diversi, più facile attrazione di talenti, grandi investimenti anche da parte dei privati. Ma spesso si trascura il contributo delle università e della ricerca in generale nella riduzione delle disuguaglianze sociali e territoriali tramite la loro presenza e le loro azioni in aree periferiche o a rischio marginalizzazione del nostro Paese. E si trascura anche il contributo che le 'periferie' stesse possono dare all’università, con il loro dinamismo, la vitalità delle loro istanze sociali, la loro cultura, la loro originalità e voglia di fare.

Quanto questo dibattito sia urgente è dimostrato anche dal fatto che i finanziamenti pubblici per le università del Sud Italia sono diminuiti negli ultimi anni. Ma per fortuna le università non sono torri d’avorio isolate dai territori in cui sono localizzate e prendono decisioni strategiche non solo nell’ottica dell’ottimizzazione delle loro performance scientifiche, ma anche – in alcuni casi, soprattutto – per massimizzare il loro impatto sul territorio, anche con un’ottica di lungo termine.

Per esempio, sono ben noti i progetti e gli insediamenti promossi a Napoli dall’Università Federico II, nella zona Est della città, a San Giovanni a Teduccio, con la nuova ingegneria e le diverse Academy, alcune delle quali avviate in collaborazione con grandi imprese. Attività che portano sviluppo, ma che allo stesso tempo attingono da un rilevante bacino di risorse umane qualificate, in un’ottica di reciprocità, con benefici per più attori.

Meno nota, ma anch’essa di grande rilevanza, è l’ormai prossima apertura della facoltà di Scienze infermieristiche a Scampia, che sarà ospitata in un nuovo edificio circolare di sette piani costruito dove prima era localizzata la 'Vela H', demolita nel 2003. I primi quattro piani saranno dedicati alla didattica, con posti per 4.000 studenti. Saranno presenti anche aule didattiche, studi per i docenti, una grande l’aula magna da 500 posti, gli uffici amministrativi e poi un blocco per due camere operatorie e un altro per 32 posti in day hospital. L’edificio ospiterà sia corsi universitari per il personale sanitario che ambulatori specializzati per gli abitanti del territorio, potendo contare su apparecchiature mediche di altissima tecnologia che saranno usati sia per la formazione degli studenti, che per la cura dei cittadini dell’area. L’iniziativa fa parte del più ampio progetto Restart Scampia e i corsi dovrebbero partire nell’ottobre del 2021. Nonostante la vicinanza della Metro, magari questo insediamento causerà qualche difficoltà logistica, e qualcuno magari si lamenterà, ma saranno senz’altro superiori i benefici per il territorio, dato che l’iniziativa andrà ad impreziosire uno spazio di periferia con la presenza di giovani, ricercatori, servizi di varia natura per loro, ambulatori per i cittadini ed in generale maggiore dinamismo economico nella zona e riqualificazione urbana.

Nel commentare casi di questo tipo qualcuno si lamenta anche dei possibili processi di gentrification: aumenti dei prezzi delle abitazioni e magari anche dei servizi e quindi crescente difficoltà degli abitanti originari a rimanere nella zona. Indubbiamente si dovrà fare attenzione anche a questa possibile dinamica. Ma molto più importante il fatto che la scelta della Federico II rappresenti un messaggio chiaro finalizzato alla riduzione delle disuguaglianze: non progetti calati 'dall’alto', quanto piuttosto una decisione di localizzazione ben ponderata, una disponibilità ad immergersi in territori spesso stigmatizzati dall’opinione pubblica e che necessitano di processi di inclusione.

Andrea Piccaluga

Avvenire, 14 luglio 2021