L’Università può diventare un «cantiere di speranza», come ha proclamato papa Francesco durante la sua visita a Bologna nell’ottobre scorso. Questo è il messaggio che esce dal Simposio organizzato venerdì 16 febbraio 2018 a Bologna dalla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna e dall’Alma Mater. Ad esso hanno partecipato i Rettori degli Atenei che hanno sedi in Emilia Romagna e i Vescovi della regione.
All’incontro ha preso parte anche il ministro per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca scientifica Valeria Fedeli. Che nel suo intervento ha sostenuto che l’Università è cantiere di comunità, perché facilita il «passaggio dall’io al noi». La missione dell’Università nel mondo che cambia richiede «nuovi valori inclusivi» e nuove convergenze di pensiero, che «veicolano il diritto alla cultura e alla conoscenza» proclamato dal Papa a Bologna. L’Università cerca nuove sinergie con la società civile, per «aprire gli orizzonti sull’educazione degli adulti e per rimettere in campo la funzione genitoriale come funzione educativa». E per continuare il dialogo con la Chiesa cattolica italiana, la ministra Fedeli propone processi educativi che coniughino i valori del vangelo con l’articolo 3 della Costituzione e auspica che da questa «lettura comune» scaturiscano «priorità comuni», utili a superare gli storici steccati tra cattolici e laici e a ragionare in prospettiva europea, come ha fatto papa Francesco a Bologna. Anche i Rettori e i Vescovi si sono confrontati sulle molte questioni poste da papa Francesco nel suo Discorso al mondo accademico bolognese. Come conciliare l’apertura dell’Università a molti con una formazione di qualità? Si è convenuto che solo dal dialogo Università– società civile–comunità religiose può scaturire un umanesimo lungimirante, che sa rispondere alle crescenti fragilità, spesso autodistruttive, dei giovani: anche di coloro che, per scelta o per necessità, non partecipano alla comunità accademica. Essere fuori dall’Università non può dare come risultato l’esclusione dalla società.
Come promuovere nell’Università un sapere umanizzante, che non si sottometta allo strapotere delle macchine e del mercato? L’educazione al sapere critico richiede di coltivare approcci sempre più interdisciplinari e trasversali e di investire sulla qualità della didattica. Un sapere comunicato con passione, competenza e metodo genera atteggiamenti di responsabilità verso se stessi e verso il mondo. Dal ‘68 a oggi è stato fatto molto perché i tre diritti proclamati da papa Francesco a Bologna – diritto alla cultura, alla speranza, alla pace – siano sempre più effettivi. La globalizzazione pone nuove sfide: il riconoscimento dei titoli di studio dei migranti; offrire una formazione accademica ai mediatori culturali. In fin dei conti, lo studio critico e la ricerca scientifica trovano il loro completamento nella solidarietà e nella cittadinanza attiva; ovvero nella conoscenza approfondita di quello che san Domenico chiamava «il libro della carità».
Bologna Sette, 25 febbraio 2018