La Pasqua 2021 segnerà davvero un “passaggio” importante per tanti studenti e le loro famiglie: alla ripresa delle lezioni, in 5,3 milioni potranno rientrare a scuola in presenza, circa 4 milioni in più rispetto alle ultime settimane, secondo i calcoli di Tuttoscuola.
Almeno fino alla prima media, anche in zona rossa, sei alunni su dieci diranno addio alla Didattica a distanza, che, a oltre un anno dall’introduzione praticamente nelle scuole di ogni ordine e grado, sta avendo ricadute importanti e, purtroppo, anche negative sulla salute psico-fisica dei ragazzi ma pure dei loro genitori. Nelle scorse settimane, per esempio, un sondaggio tra gli alunni delle scuole superiori della Consulta studentesca della Provincia di Lecco, ha evidenziato che 3 alunni su 4 lamentano un diffuso «malessere », che si esplicita con «ansia, stress, attacchi di panico, depressione, tristezza, crolli di pianto e stanchezza continua». Una situazione abbastanza diffusa anche nel resto d’Italia, con milioni di famiglie preoccupate dai danni, anche permanenti, che questa situazione di scuola “a strappi”, un po’ in presenza e un po’ a distanza, che ormai va avanti da più di dodici mesi, potrà provocare ai ragazzi. Reduci da un periodo di forte stress e di fatica, le famiglie chiedono così che, almeno a Pasqua, si possa pensare ad altro che non siano compiti, lezioni e connessioni ballerine.
#SalviamolaPasquaè diventata, allora, la richiesta pressante alla scuola, affinché gli studenti non siano caricati di compiti delle vacanze. L’appello è contenuto in una lettera aperta che la Federazione italiana dislessia apprendimento (Fida) e l’Associazione italiana genitori (Age) hanno scritto al governo, ma anche ai dirigenti scolastici e agli insegnanti. Tra i destinatari c’è anche il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che, in una recente intervista, ha dichiarato che la sua scuola ideale è «una scuola affettuosa», capace di ricostruire la dimensione relazionale e cooperativa, la “socialità”, dopo anni di individualismo spinto. Ma per ricostruire socialità è quanto mai necessario che alunni e insegnanti possano tornare a vedersi e non più soltanto dietro uno schermo. E che le famiglie abbiano, dal canto loro, la possibilità di “staccare” dai ritmi di una scuola che, con la Dad, ha letteralmente cambiato la scansione delle giornate delle famiglie. «Questa casa non è una scuola, ma con la Dad è diventata una prigione», ha efficacemente sintetizzato una mamma, che ha affidato a Facebook la propria protesta.
«In questo contesto – scrivono, nella lettera aperta, le presidenti di Fida e Age, Maria Dimita e Rosaria D’Anna – i compiti che vengono assegnati rappresentano un ulteriore e inutile motivo di stress e non possono essere una priorità anche in considerazione della loro dubbia utilità, come da anni afferma il pedagogista Maurizio Parodi con il suo movimento “Basta compiti”. Va considerato poi che l’utilizzo del computer è spesso condiviso tra i componenti della famiglia, fratelli anch’essi studenti o genitori in smartworking– ricordano le presidenti – per cui in molte situazioni i ragazzi sono costretti a svolgere i loro compiti in momenti poco favorevoli alla concentrazione necessaria, in particolare quando chiedono per utilizzare il pc l’aiuto ai propri genitori impegnati in altre attività. A Pasqua saremo tutti in zona rossa, ma non per questo dobbiamo occupare il tempo dei ragazzi e delle famiglie con i compiti», sottolineano Dimita e D’Anna. Che chiedono alla scuola di «dare alle famiglie la possibilità di inventarsi attività da fare insieme, con il solo scopo di riscoprire il benessere del divertimento e del gioco».
La richiesta dei genitori è sostenuta anche dall’esperienza quotidiana di medici e pediatri, come Eleonora Lombardi Mistura, pediatra a Carvico, in provincia di Bergamo, territorio in prima linea contro la pandemia. La dottoressa ricorda lo «stress cronico dei bambini e dei ragazzi», che deriva «dall’impossibilità di continuare la loro vita con il contatto, con la presenza, con l’attività fisica». «La scuola – ricorda la pediatra bergamasca – è sempre stata un’importantissima fetta di attività nella vita dei bambini, un contenitore di emozioni, scoperte, relazioni, esperienze. In questo lungo periodo i nostri figli hanno dovuto imparare a stare lontano dai loro insegnanti e dai loro compagni, a stare seduti per molto tempo davanti agli schermi e a studiare in modo totalmente diverso perché si impara anche con i sensi e in Dad i sensi sono quasi del tutto silenziati. Studiare in Dad per un ragazzo e un bambino richiede molta più concentrazione, più energia, più attenzione che studiare in classe e questo è tanto più vero quanto più i bambini sono piccoli. Molti genitori – prosegue la dottoressa Lombardi Mistura – mi raccontano di dover aiutare spesso i loro figli durante le ore di lezione in Dad perché l’uso del Pc non è scontato e mi raccontano anche di dover trascorrere con i loro figli l’intero pomeriggio per svolgere “i compiti” senza più tempo per fare nient’altro. Trovo ciò preoccupante e non fisiologico per la vita di un bambino».
Così come non è giusto che, tanti bambini, siano stati costretti a seguire le lezioni a distanza nei luoghi di lavoro dei genitori, che non sapevano a chi affidarli. Dopo il caso di Fiammetta, la bambina di 10 anni, in Dad a mille metri di quota, a seguito del padre pastore in Trentino, da Forlì ecco il grido di dolore di una mamma- edicolante, che ha ricavato uno “studiolo” nel retrobottega per il figlio di prima elementare. «Per noi è stata l’unica soluzione possibile», spiega la donna. Che fuori dall’edicola ha attaccato un avviso: «Silenzio! Sono a scuola!». Un avvertimento ai clienti, ma anche la denuncia di una situazione che non può più essere tollerata.
Paolo Ferrario
Avvenire, 4 aprile 2021