Tutto è pronto per il via al nuovo esame di maturità, che debutta quest’anno dopo due decenni in cui è stata in vigore la forma precedente. Ieri mattina si sono insediate le commissioni e nel pomeriggio si sono tenute nei vari capoluoghi di provincia, a cura degli Uffici scolastici territoriali (gli ex Provveditorati agli studi), le tradizionali “riunioni di servizio”, a cui sono stati convocati i presidenti di commissione per essere istruiti ad affrontare eventuali criticità.
È ormai da diversi anni che vengo chiamato a svolgere questa funzione, ma (novità di quest’anno a parte) ogni volta mi accingo al “rito” con una certa dose di emozione. Perché, anche se da diverse parti si tende a mettere in discussione l’ultilità di questo esame, sono convinto che esso rimanga un fondamentale momento di passaggio per i nostri ragazzi, l’appuntamento conclusivo di una lunga fase di formazione, quella scolastica, prima dell’ingresso nel mondo universitario o in quello lavorativo.
È dunque normale che anch’essi vivano la maturità con un po’ di apprensione. Per tranquillizzarli, va detto che le tanto temute novità (sulle quali il Ministero nei mesi scorsi forse non ha fatto chiarezza con la dovuta tempestività...) non sono poi così rivoluzionarie. Il primo “scoglio” è la prova di Italiano, comune a tutti gli indirizzi, che si terrà domani mattina. È cambiata, rispetto all’anno scorso, ma non troppo. Per rasserenare gli studenti della quinta che ho preparato all’esame, ho detto loro che questa prova è senz’altro la più “facile”, perché il menù è ampio, le tracce sono numerose (ben 7!) e perciò è praticamente impossibile che un candidato, anche il meno “attrezzato”, non trovi almeno un tema che sia in grado di svolgere decentemente.
Poi, mentre durante l’anno il “tema in classe” si fa in 2 o al massimo 3 ore, domani i ragazzi di ore ne avranno a disposizione ben 6: tutto il tempo per scegliere con calma la traccia (dopo averle lette bene e ponderate tutte), svolgerla in brutta copia, rivedere l’elaborato, copiarlo in bella copia (possibilmente con una grafia chiara e regolare che non renda troppo laboriosa la lettura da parte della commissione) e infine rileggerlo (per evitare errori di forma o di ortografia che potrebbero incidere negativamente sulla valutazione).
Ma che cosa “uscirà” (come si dice in gergo)?
Come sempre, impazza in queste ore, sui social e sui siti web dedicati, il “toto-tema”, soprattutto per quanto riguarda la prima tipologia di traccia, l’analisi del testo letterario.
Qualcuno si ostina a parlare di Leopardi, stante il bicentenario della redazione dell’Infinito, ma ciò non è possibile, poiché i testi devono appartenere al periodo che va dall’Unità ai giorni nostri. Ricorre anche il centenario della nascita di Primo Levi e altri anniversari meno “tondi” (i 90 anni dalla morte di Svevo o i 110 dalla nascita di Pavese). Ma in ogni caso una regola non scritta è che a viale Trastevere sono piuttosto attenti a evitare di proporre testi di autori sui quali cada qualche speciale anniversario, proprio per aggirare la prevedibilità della scelta. O almeno così è stato negli anni passati.
Comunque, se i testi fossero di autori non affrontati nel programma svolto, non c’è da preoccuparsi: spesso le risposte alle domande che corredano il brano sono reperibili nel brano stesso o, quando vengano richieste riflessioni o confronti, nel più ampio bagaglio delle letture personali. In generale, questa prima prova, più che volta a misurare le conoscenze e il possesso di determinate nozioni, mira a verificare le competenze. A contare davvero sono la coerenza dell’esposizione, la linearità argomentativa e la capacità di sviluppare riflessioni personali. Tutto questo per consentire ai ragazzi di far emergere, appunto, la loro “maturità”.
Roberto Carnero
Avvenire, 18 giugno 2019