«Nel conflitto in Ucraina la diplomazia è all’opera. Appare silente, ma sta lavorando dietro le quinte, a diversi livelli e da varie prospettive». Nessuna latitanza, secondo l’ambasciatore del Sovrano Ordine di Malta in Ucraina, Antonio Gazzanti Pugliese di Cotrone. Da 16 anni l’ordine religioso cavalleresco ha relazioni diplomatiche con l’Ucraina e da oltre 30 anni è accanto alla popolazione. «La diplomazia umanitaria non risolve in sé i conflitti: serve una soluzione politica. Però può aprire porte», afferma l’ambasciatore. E lancia l’allarme “infanzia”. «Oltre un milione di bambini ucraini è stato colpito dalla guerra. Penso non soltanto ai piccoli trasferiti in Russia o a quelli che sono nei territori occupati, ma anche ai figli dei milioni di sfollati interni. Una generazione che già porta su di sé traumi e disagi. Poi c’è l’emergenza scolarizzazione. Nel Paese ci sono ragazzi che non sanno leggere e scrivere: perché prima per il Covid e poi per le bombe non hanno avuto accesso a un regolare percorso di studi». Per l’Ordine di Malta è un ambito privilegiato di intervento. «Abbiamo équipe mobili cheraggiungono i bambini anche nelle zone più complesse. Ne abbiamo aiutati 13mila con attività terapeutiche ed educative. A Ivano-Frankivsk abbiamo un centro di accoglienza. E a Leopoli è stata stretta una collaborazione con l'Unicef».
Si parla solo di armi per sostenere l’Ucraina. Ma serve anche altro. E gli aiuti internazionali sono crollati mentre i bisogni esplodono.
Purtroppo è vero. Il versante politico-militare è quello che attrae maggiormente l’attenzione dei governi e dell’Occidente. Tuttavia, nell’ultimo vertice Nato, numerosi Paesi hanno ribadito la loro volontà di fornire supporto umanitario. Tuttavia, sia per la durata del conflitto, sia per l’insorgere di altre crisi sullo scenario internazionale, si guarda meno all’Ucraina. Serve tenere accesa la luce. Come ordine di Malta abbiamo appena organizzato a Kiev una conferenza sulla diplomazia umanitaria con esponenti del governo, nunzio apostolico, agenzie Onu, rappresentanti delle Ong ma anche società private. Occorre unire le forze non solo per reperire finanziamenti, ma anche per far arrivare personale o know-how.
Che cosa segna il barometro umanitario?
La popolazione sta soffrendo dal 2014 per una guerra che è iniziata nell’est del Paese e che dal febbraio 2022 si è estesa su tutto il territorio nazionale. Un conflitto che ha assorbito una parte consistente delle risorse economico- finanziarie e del capitale umano, che ha causato distruzione, che ha disperso le famiglie, che ha prodotto ferite fisiche e interiori. Un quadro che diventa sempre più difficile. L’Ordine ha intensificato la sua presenza dopo lo scoppio delle tensioni di dieci anni fa. Abbiamo avuto la collaborazione delle strutture dell’Ordine nei Paesi europei ma anche negli altri continenti. In poco tempo siamo riusciti a far arrivare tonnellate di beni di prima necessità: cibo, ma anche apparati medici o generatori elettrici e stazioni termiche.
Zelensky ha annunciato che al prossimo summit sulla pace, dopo quello di giugno in Svizzera, potrebbe essere invitata una delegazione russa.
L’Ordine di Malta partecipa come osservatore al punto quattro del piano di pace del presidente Zelensky: quello di stampo umanitario su prigionieri e deportati. Una delle critiche fatte al presidente è stata che il suo progetto fosse unilaterale: per questo ogni coinvolgimento che porti quantomeno a una discussione fra le parti non può che non essere visto positivamente. Poi, se da questo si arriverà a un risultato positivo, non è dato saperlo.
Ci sono spiragli?
Non vedo una pace a breve e forse neanche a medio termine. Tutti gli indicatori purtroppo vanno in senso contrario. Anche i recenti bombardamenti su Kiev non incoraggiano. Da cattolico, e quindi da appartenente all’Ordine di Malta, dico che è nostro dovere non perdere mai la speranza.
Giacomo Gambassi
Avvenire, 4 agosto 2024