UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ucraina, la scuola fatta a pezzi si rifugia sul Web

Danneggiati 1.635 istituti. Solo lezioni a distanza, pure con studenti dall’estero. Gli occupanti vietano i programmi ucraini: pochi obbediscono
9 Maggio 2022

Inizia la lezione, la classe digitale si compone sullo schermo come accadeva nei mesi della pandemia, e nei riquadri compaiono tutti gli studenti, o quasi. È ancora didattica «a distanza», ma in Ucraina quest’espressione ha assunto ora un significato più letterale che mai. Tra i compagni di classe, c’è chi si collega dal nuovo alloggio dove è sfollato, in una qualche regione occidentale del Paese. C’è chi si connette dall’estero: Polonia, Romania o dall’Italia, dove è appena stato accolto. Ma ci sono anche studenti che compaiono in video nella penombra di un seminterrato, nello scantinato sotto casa, perché la sirena anti-aereo ha di nuovo dato l’allarme e occorre mettersi al riparo.

«Dagli insegnanti ascoltiamo storie di lezioni che si svolgono mentre alcuni bambini sono ancora sotto bombardamento e dai sotterranei rimangono comunque connessi online, malgrado le sirene. Dai rifugi cercano di seguire le lezioni» ci racconta Yuliia Skorykh, coordinatrice delle attività di supporto psicologico dell’organizzazione noprofit ucraina “East-Sos” di Kiev. Una parte dell’attività della Ong è dedicata al sostegno dei docenti, fra incontri in rete con psicologi e counsellor, una linea telefonica d’emergenza e webinar riservati. Al momento le scuole di tutta l’Ucraina funzionano solo online, niente lezioni in presenza, nemmeno nelle regioni risparmiate dal conflitto. Non è solo una questione del rischio che si correrebbe stando seduti in aula. Dall’avvio dell’invasione russa molte scuole sono state utilizzate come centri di informazione, rifornimento, rifugi o per scopi militari. Ancora peggio, alcune non esistono più, distrutte o danneggiate da artiglieria pesante e attacchi aerei. Secondo il monitoraggio del ministero ucraino dell’Istruzione e della Scienza, 1.635 tra scuole, università, asili e altri istituti hanno subito danni. Di questi, 126 sono andati completamente distrutti, soprattutto nelle regioni dell’Est.

«Nella regione di Luhansk lavoriamo da sei anni con 40 scuole vicine alla linea del fronte tracciata nella guerra del 2014. Molte ora sono state rase al suolo, in città come Severodonetsk, Lysychansk, Rubizhne, Popasna» aggiunge Yulia Kishenko, che per “East-Sos” coordina l’ambito educativo. «Altri istituti in queste settimane sono passati sotto il controllo russo. In alcuni, gli occupanti chiedono di abbandonare i programmi ucraini e adottare quelli di Mosca. Ma le scuole, ameno quelle con cui rimaniamo in contatto, non lo fanno». L’informazione è confermata dal ministero: «Nei territori temporaneamente occupati i direttori scolastici sono obbligati a insegnare in russo e secondo i programmi della Federazione Russa». Tuttavia, «la maggior parte degli insegnanti restano fedeli al nostro Stato», riferisce il ministro dell’Istruzione Serhiy Shkarlet parlando di «orgoglio» e resistenza, anche se immaginiamo abbia un certo peso il rischio di venire accusati di «collaborazionismo, passibile di responsabilità penale», come riferiva lo stesso ministro ad aprile.

«Negli incontri che organizziamo, gli insegnanti ci confidano di vivere black out emotivi, ci dicono di non provare emozioni da due mesi, raccontano di problemi fisici, attacchi di panico, febbre alta: reazioni normali in una situazione che normale non è» prosegue Yuliia Skorykh, coordinatrice del supporto psicologico. «Sono chiamati a gestire classi in cui gli studenti vivono stati di ansia, traumi, piangono molto, e sperimentano processi regressivi per i quali teenager di tredici o quattordici anni si comportano come bambini di appena dieci. La regressione è normale in queste circostanze, ma i docenti non sanno come affrontarla. Sanno di dovere dimostrare di essere adulti forti e saldi, ma sentono di non avere le risorse per farlo, alle prese con traumi privati e sofferenze. Così lavoriamo su entrambi gli aspetti della loro identità, quello più personale e quello professionale».

Gli psicologi di “East-Sos” consigliano di spingersi oltre gli argomenti del programma durante le lezioni, e di «prendersi cura degli studenti non solo in quanto tali, ma come bambini e ragazzi che hanno bisogno di un legame d’affetto, seppure online» conclude Yuliia Skorykh. «Invitiamo a rivolgere domande importanti per stabilire una connessione emotiva, una relazione più calda. Può davvero fare la differenza chiedere a un bambino: come stai? Vuoi raccontarmi come ti sei sentito questa settimana?».

Francesca Ghirardelli

Avvenire, 8 maggio 2022

(foto unicef.it)