La scuola e la parrocchia sembrano appartenere a un mondo che non esiste più. Le trasformazioni sociali e culturali, con i loro riflessi sui ritmi della vita e sulla mentalità diffusa, paiono averle messe all’angolo, eppure pressoché tutti i ragazzi e i giovani passano dalla scuola e una parte non piccola di loro transita anche dagli ambienti parrocchiali, almeno negli anni così importanti della formazione di base. È presto per celebrarne il funerale. Ma fra loro, parrocchia e scuola si parlano e si frequentano? Sono finiti i tempi dell’imitazione, quando l’educazione cristiana era strutturata sulle classi scolastiche, con libri e programmi, così come è passata l’epoca della concorrenza, specialmente circa l’organizzazione dei pomeriggi dei ragazzi. Oggi entrambe hanno a che fare con 'agenzie educative' che paiono surclassarle per attrattiva e incisività, e si rischia piuttosto l’indifferenza reciproca, soprattutto nelle città più grandi, complici l’impoverimento delle relazioni, il calo demografico e l’accresciuta mobilità della vita. Ciò non significa che le occasioni di incontro fra la comunità cristiana e quella scolastica dello stesso territorio siano venute meno, soprattutto in particolari momenti dell’anno, per le feste principali o attorno a progetti educativi e di solidarietà.
Va diffondendosi, ad esempio, l’esperienza dei doposcuola parrocchiali, grazie alla messa a disposizione di ambienti per lo studio e di giovani e adulti volontari. Le iniziative di sostegno agli studenti sono molto varie nelle forme e nelle dimensioni; sempre però provocano ricadute positive sul territorio, in chiave di sensibilizzazione, di crescita delle relazioni, di incontro fra le famiglie e di risposta al bisogno di chi fa più fatica, e non solo nello studio.
Anche questa è parrocchia 'in uscita'. Quella che si fa vicina ai genitori aiutandoli nel loro compito educativo, e magari sostenendoli nella partecipazione alla vita scolastica. Quella che vede negli insegnanti non solo forza lavoro per il catechismo dei piccoli ma li guarda con stima e offre loro di che alimentare la loro vocazione. Quella che conosce le scuole presenti nel territorio e i suoi dirigenti e non disdegna di condividere progetti, aprire le porte dell’oratorio, dei centri di ascolto e dei propri beni culturali. Quella che non dimentica la scuola nella preghiera e nei cammini formativi, compresi quelli dei giovani e degli adulti.
L’educazione cristiana che la parrocchia mette in campo, infatti, mira anche a dare gli strumenti per confrontarsi criticamente con le problematiche culturali, sociali, scientifiche, etiche del nostro tempo e a sostenere i credenti di ogni età nel compito di rendere ragione della propria fede, con la visione dell’uomo e della vita che a essa si ispira. In parrocchia un giovane può essere educato a vivere gli anni dello studio nella prospettiva dell’amore alla verità e alla giustizia, del gusto per la bellezza, del servizio al bene comune. Un servizio che non comincia da adulti ma comprende la chiamata a partecipare in modo responsabile alla vita della scuola e degli altri ambienti, compresi quelli digitali. Tutto questo mette la parrocchia davanti a dinamiche più ampie dei suoi confini e delle sue risorse, spingendola a collaborare con altre parrocchie, con gli organismi diocesani, con le associazioni e altri enti.
Quello attuale, dunque, è un tempo assai favorevole per un nuovo incontro fra parrocchia e scuola, nell’ottica delle 'alleanze educative' invocate dagli orientamenti pastorali dei vescovi italiani. Nel momento in cui papa Francesco chiama tutti a stringere un 'patto educativo globale', un ruolo primario spetta alle parrocchie, luoghi di ascolto della vita e di carità intellettuale.
Ernesto Diaco
Avvenire, 17 settembre 2019
Nella pagina allegata, l’esperienza sulla dispersione scolastica di Sant’Eligio (Napoli), l’ “Omy Academy” di Pontenure (Piacenza), la parrocchia delle Grazie in un quartiere periferico di Palermo, i doposcuola di San Cataldo (Taranto) e San Giovanni Battista (Velletri)