Ogni bambino torinese pagherà centotrenta euro all’anno in più per andare all’asilo. A conti fatti, è questo il risultato della decisione della Giunta Appendino di tagliare del 25% i contributi alle scuole Fism (Federazione italiana scuole materne), passando dai 3 milioni dell’anno scorso a 2 milioni e 250mila euro. Una “sforbiciata” da 750mila euro che ricadrà per intero sulle spalle (e le tasche) delle famiglie, “colpevoli” soltanto di aver scelto, per i loro figli, una scuola paritaria. Anche perché, in non pochi casi, negli asili statali non c’è posto per accogliere tutte le domande di iscrizione.
«Bisogna purtroppo prendere atto – nota il presidente Fism provinciale, Luigi Vico – di un fatto ben evidente: il Comune di Torino non tratta tutti i genitori allo stesso modo. E forse non è chiaro che nelle nostre scuole arrivano anche i bambini che non sono riusciti ad entrare negli altri istituti (comunali o statali) perché per loro non c’era più posto. Se saremo costretti a chiudere, come potranno fare? A chi si dovrebbero rivolgere? ». In tutta la città, i bambini che frequentano gli asili sono circa quindicimila, ripartiti in modo equo tra scuole comunali, statali e paritarie. Oltre cinquemila famiglie si troveranno quindi in difficoltà e si vedranno private di un servizio importantissimo. Un servizio pubblico, necessario anche a supplire le carenze del sistema educativo torinese: «Va poi detto che c’è un vero e proprio paradosso che non è stato affatto chiarito e di cui nessuno ha fatto cenno. Per le nostre scuole paritarie, i massimali delle rette sostenute dalle famiglie so- no fissati nell’ambito di una convenzione firmata proprio con il Comune, che non è stata ad oggi modificata. Quindi, da una parte ci vengono tolti i fondi, dall’altra ci viene persino impedito di alzare le rette». Gli oltre cinquanta istituti paritari si incontreranno sabato prossimo per decidere il da farsi. Lo stesso presidente Vico sta preparando in queste ore un ordine del giorno da proporre in assemblea con una serie di provvedimenti da adottare. «Per prima cosa, presenteremo un documento in cui tutte le scuole torinesi Fism chiederanno alla sindaca di ripensarci e di rivedere le proprie scelte. Se questo non dovesse bastare, siamo pronti a mettere in atto una lunga veglia durante la discussione del Bilancio previsionale in Consiglio comunale, con una nostra presenza costante e ben riconoscibile tra il pubblico, in ogni fase della discussione». E poi, se la Giunta Appendino proseguirà nei propri intenti, la Fism già si prepara a una manifestazione pubblica, proprio il giorno dell’approvazione definitiva del Bilancio. Ad oggi, il documento è al vaglio delle Circoscrizioni (chiamate ad esprimere un parere non vincolante), della Commissione e dei consiglieri comunali, che potranno proporre emendamenti. Insomma, se ci fosse la volontà politica, sarebbe ancora possibile scongiurare i tagli, ma a decidere non potrà che essere il Movimento 5 Stelle, che rappresenta la maggioranza in Consiglio. E il presidente Fism provinciale, per ora, si dice ottimista: «La sindaca ha detto che è sua intenzione recuperare le risorse e io mi fido delle sue parole. Intanto, però, credo sia giusto agire per manifestare il nostro dissenso. Ridurre i fondi sarebbe un errore non soltanto nei confronti delle scuole cattoliche, ma di tutti i torinesi».
Danilo Poggio
Preoccupati, e anche sconcertati. I 14 parroci torinesi gestori di scuole materne hanno scritto ieri, insieme con l’arcivescovo Cesare Nosiglia, una lettera aperta al sindaco Chiara Appendino, chiedendo di non dare corso al provvedimento annunciato dal Comune: il taglio del 25% dei contributi che la Città riconosce alle materne paritarie e alla scuola ebraica. Nel complesso, 5.500 bambini che il Comune e lo Stato non potrebbero accogliere nei loro istituti. Le materne parrocchiali torinesi fanno parte della Fism (Federazione italiana scuole materne), che riunisce anche altre istituti di ispirazione cristiana gestiti da congregazioni religiose e comunità.
Nella lettera i parroci ricordano che il servizio delle materne fa parte di una convenzione stipulata dal Comune stesso, in cui si riconosce la piena parità di trattamento con il servizio comunale; e sottolineano anche come la realtà dei costi sia ben diversa da come viene descritta: i bambini delle scuole parrocchiali e Fism costano un terzo, rispetto al- la spesa delle comunali e statali, perché sono già ridotti all’osso gli oneri per il personale e tutti i costi accessori. Si tratta, dunque, di una discriminazione, attuata non solo nei confronti delle scuole ma soprattutto dei 5mila bambini e delle loro famiglie, che vanno incontro ad un ulteriore aumento delle rette se il taglio fosse confermato.
La protesta preoccupata dei parroci si inserisce, poi, in una lettura più complessiva della realtà cittadina: proprio il sindaco Appendino ha promesso e più volte ribadito la priorità degli investimenti nell’educazione e nelle periferie: cioè esattamente dove operano in modo più incisivo le parrocchie, con le scuole materne ma anche con la vasta rete dei servizi di accoglienza, ascolto, aiuto anche immediato nelle emergenze. Le scuole, scrivono i parroci torinesi, «sono in molti quartieri della città veri e propri ammortizzatori sociali, molto apprezzati dalle famiglie che pure debbono sottostare a una ingiusta discriminazione rispetto alle scuole comunali e statali, dovendo pagare una retta per avere un servizio primario e dovuto, quale è il diritto allo studio, per legge costituzionale».
Marco Bonatti
Avvenire, 30 marzo 2017