UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Testimoni di ciò che si insegna

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole della Sardegna. Parla la responsabile del Servizio regionale, prof.ssa Miria Ibba
29 Novembre 2022

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni». I docenti di religione cattolica, oltre alla solida formazione teologica e all’abilità pedagogica sono chiamati proprio a questo aspetto fondamentale richiamato da Paolo VI: essere testimoni. Un punto sottolineato anche della Conferenza episcopale italiana. Scegliere questa disciplina, ha scritto la presidenza Cei in un messaggio alle famiglie «permette di incontrare degli insegnanti professionalmente qualificati e testimoni credibili di un impegno educativo autentico, pronti a cogliere gli interrogativi più sinceri di ogni alunno e studente e ad accompagnare ciascuno nel suo personale e autonomo percorso di crescita».

In Sardegna questo insegnamento è garantito da docenti motivati e appassionati, in gran parte laici. La professoressa Miria Ibba, a capo del Servizio regionale per l’insegnamento della religione cattolica, è in cattedra dal 1987. In questi anni, soprattutto nel liceo classico “Leonardo Da Vinci” di Lanusei, ha visto generazioni di studenti crescere davanti ai suoi occhi. «Dobbiamo riconoscere che il nostro ruolo nella scuola è particolare - afferma -. Siamo docenti con gli stessi diritti e doveri dei nostri colleghi ma sappiamo anche di avere una missione specifica da parte della Chiesa. E questa particolarità è un punto di forza. Forse i ragazzi non percepiscono immediatamente l’importanza di questo percorso disciplinare, ma fin da subito si rendono conto che con noi docenti c’è la possibilità concreta di costruire relazione autentiche. La testimonianza nasce da qui».

Parliamo di un insegnamento aperto a tutti, diverso da un percorso di catechesi. Di conseguenza, tutto si gioca sul dialogo educativo e sul piano culturale. «Occorre saper ascoltare - afferma Ibba -, cercare di capire e far conoscere i contenuti» il tutto «con grande impegno e professionalità. Rispetto alla classica lezione frontale, negli ultimi anni si sono diffuse metodologie che agevolano notevolmente il nostro lavoro. Penso al “debate” o alla “flipped classroom”, la classe capovolta». Certo, le difficoltà non mancano. Dopo la pandemia i ragazzi mostrano grandi fragilità personali. «Chiedono di affrontare questioni che sono vicine alla sfera religiosa e alla loro vita affettiva. Io preferisco dare la priorità a loro: a volte mettere da parte il programma, per qualche lezione, e dedicarsi ai ragazzi può essere una scelta vincente sul piano educativo».

Oltre agli aspetti legati all’educazioni degli studenti, all’orizzonte emergono sviluppi interessanti sul piano didattico. Ad esempio l’introduzione dell’educazione civica: valori come l’accoglienza, la tutela della dignità umana, la sfera della disabilità, il rispetto dell’ambiente sono ben espressi nella dottrina sociale della Chiesa e possono essere collegati in modo interdisciplinare. Inoltre il lavoro di gruppo con i docenti di altre discipline agevola anche le relazioni tra colleghi, con l’insegnante di religione che è chiamato a creare ponti non solo con gli alunni ma anche tra gli insegnanti. Un’ultima considerazione sul futuro. In Sardegna molte diocesi stanno risentendo della mancanza di insegnanti titolati, forse anche a causa di un corpo docente sempre più composto da precari. Su questo punto Miria Ibba lancia un invito agli insegnanti di domani: «Insegnare religione è una grande missione. Ci sono fatiche, ma è un’esperienza significativa sul piano umano e professionale». (Michele Spanu)

L’Ora scelta da 9 su 10

Sono in media 9 su 10 gli studenti sardi che scelgono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. I dati, raccolti dal Servizio regionale, si riferiscono all’anno scolastico 2021-2022 e indicano una scelta ampiamente condivisa, con risultati ben al di sopra della media nazionale: le percentuali più alte sono nella scuola dell’infanzia (94 per cento) e alla primaria (97,27 per cento), mentre si registrano numeri più contenuti nelle scuole secondarie (88,59 per cento). Ogni anno viene effettuata la rilevazione che coinvolge i docenti di religione nelle scuole di ogni ordine e grado. La scelta, come previsto dalla normativa, viene compiuta dalle famiglie al momento dell’iscrizione all’inizio di ogni ciclo scolastico.

Avvenire, 27 novembre 2022