Una certezza c’è, l’unica: non sarà facile. Per la ripresa della scuola a settembre le idee sono tante, alcune irrealizzabili, altre da perfezionare. Per esempio: è possibile immaginare – come è stato fatto e si continua a fare – che la classe si dilati per comprendere il territorio circostante, che la didattica dilaghi in spazi non convenzionali. Meno possibile – molto meno – trasformare l’immaginazione in realtà. I direttori di teatri e musei sono disponibili alla collaborazione, consapevoli che si debba fare di necessità virtù ma, soprattutto, che il cambiamento è, spesso, un grande stimolo al miglioramento. Sarà solo un’illusione? «No, no. Noi siamo pronti. E già si moltiplicano le chiamate dalle scuole, ancora più del solito in cerca di proposte formative e di spazi alternativi».
Patrizia Tomasich dirige, a Roma, Explora, un museo con una vocazione esclusiva: i bambini. Da sempre, l’offerta per le scuole è il fiore all’occhiello del museo, quotidianamente affollato dagli alunni, specie quelli della scuola primaria. «Purtroppo il termine affollamento va dimenticato. Se prima avevamo un tetto massimo di presenze, nelle nostre attività, di 150 bambini, adesso quel tetto è sceso a 85. E dovrà contrarsi ancora – prosegue Tomasich – se sarà necessario intrattenere solo piccoli gruppi, anzi piccolissimi». Come consuetudine, di questi tempi, la proposta digitale è stata incrementata e viaggia parallela – ma anche si intreccia – con quella tradizionale. «Vogliamo che gli insegnanti possano scegliere tra un ventaglio di alternative. Possono venire da noi, occupare gli spazi dedicati sia all’interno del museo sia nel nostro parco. O possiamo andare noi da loro con la nostra proposta laboratoriale. E non si tratta di una scelta per esclusione, una può essere prodromica dell’altra».
Il primo problema è che i 2mila metri quadrati di Explora rischiano comunque di essere troppo pochi per soddisfare la fame di nuovi spazi. E poi ci sono i costi: «Come tutto il Terzo settore, siamo in attesa del bando che dovrebbe consentirci di organizzare l’attività estiva. Explora non ha mai offerto campi estivi né saremmo in grado di proporli a prezzi concorrenziali, ma certo vogliamo esserci con il nostro approccio e il nostro stile. Non sarà facile – spiega la direttrice del museo – ma ci proviamo, sebbene il rischio sia di lavorare in perdita. Bisogna garantire bagni dedicati, entrate e uscite separate, sanificazioni, mascherine, occhiali... Con gli ingressi dimezzati».
Stessi problemi e stesse perplessità se dal museo ci si trasferisce in teatro: Sergio Manfio, fondatore del Gruppo Alcuni, a Treviso, da sempre, lavora con i bambini, sul palco mettendo in scena un cartellone ricco di proposte, in televisione con le serie di cartoni animati adatte al pubblico più giovane. Il dito finisce subito sulla piaga. «Proposte ne abbiamo fatte, in questo periodo, e anche tante. Ma gli interlocutori istituzionali latitano e le idee, anche le migliori, languono mentre le risposte non arrivano». Anche il Gruppo Alcuni, dopo la chiusura protratta di ogni attività e 19 dipendenti in cassa integrazione, vede nell’apertura dei centri estivi una possibilità di riscatto professionale ed economica. «Abbiamo messo sul piatto proposte che concilino il divertimento con la possibilità, per i bambini e i ragazzi, di ampliare il proprio bagaglio culturale. Però ci servono – polemizza Manfio – risposte puntuali e pertinenti su cosa è necessario, su cosa si può o cosa si deve fare. Così non si aiuta nessuno, tanto meno le scuole».
Anche in sala, però ci sarà il problema delle presenze limitate. «Dato che è impensabile la convivenza di quattrocento persone, quelle che di solito sono in platea, ci stiamo orientando verso una proposta parcellizzata. Ci entusiasma un rapporto più stretto, quasi individuale con il pubblico, sarà senz’altro un’opportunità di crescita per loro e per noi. Il rovescio della medaglia – prosegue – è che si tratta di un’operazione totalmente svantaggiosa in termini economici. Siamo artisti e quindi abituati a usare creatività e fantasia. Ma siamo anche un’impresa e dopo questa stagione da dimenticare e i problemi ad organizzare quella che verrà, il futuro non è roseo. Per molte piccole realtà artistiche, purtroppo, la chiusura è più di un’ipotesi».
Nicoletta Martinelli
Avvenire, 6 giugno 2020