Aderire al movimento di Greta Thunberg è diventato un modo, anche per i più piccoli, per esercitare una cittadinanza responsabile. Affiancarci alla richiesta di intervento congiunto e immediato da parte di chi può cambiare le politiche sul clima, è dire che la nuova generazione chiede, tutta insieme, questo». Suor Sara Brenda, 44 anni, una laurea in giurisprudenza, è stata per otto anni preside dei licei dell’Istituto Marcelline Tommaseo di Milano. Dal 2017 è promotrice, insieme a Caterina Micolano della cooperativa sociale Camelot, della Scuola per lo sviluppo sostenibile (www.sustainabledevelopmentschool. it).Più che di una scuola si tratta di un progetto culturale, che propone di riorientare la didattica e l’organizzazione scolastica al paradigma della sostenibilità. Si tratta del primo modello di questo genere in Italia, ed è già diventato oggetto di studio da parte del ministero dell’Istruzione.
La scuola per lo sviluppo sostenibile in questi giorni ha pubblicato sul suo sito una lettera aperta alle altre scuole invitandole a partecipare alGlobal Strike for Future di domani. Suor Sara sarà in piazza della Scala a Milano con una delegazione di suoi studenti delle superiori, mentre i più piccoli della primaria saranno impegnati in laboratori didattici sul cambiamento climatico, al termine dei quali appenderanno i propri cartelli di protesta davanti alla scuola.
«Questo esercizio di denuncia aiuta i più giovani a appropriarsi di uno spazio di parola, di diritto e di azione» afferma Brenda. «La deriva della globalizzazione, ovvero l’omologazione, consiste nel fatto che come persone si è esecutori di molte cose, ma non parte attiva della costruzione della comunità. E questo le giovani generazioni lo sentono tantissimo. Perciò ha senso che una scuola cattolicacome la nostra sia presente».La Scuola per lo sviluppo sostenibile, al secondo anno di sperimentazione, parte dall’altro lato della globalizzazione: quello, positivo, di essere un’unica comunità umana. Il modello si basa su due pilastri: la 'Laudato si’', l’enciclica sul creato di papa Francesco, e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. «Questi due documenti, usciti a due mesi l’uno dall’altro, e che evidentemente si parlano, ci hanno fornito un nuovo paradigma e una cornice di riferimento» spiega Brenda.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, con i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustinable development goals) dice che le sfide che riguardano l’ambiente, la società, l’economia sono integrate. «Abbiamo riscritto il progetto educativo orientandolo ai 17
goals », racconta Brenda. «L’educazione alla sostenibilità ha avuto un impatto su tutte le materie, legandole alle sfide di oggi: aiuta i ragazzi a guardare la realtà nel suo insieme e nelle sue connessioni, acquisendo gli strumenti che permettono di attraversarla, di plasmarla in modo etico ». Il modello ha avuto un impatto anche sull’organizzazione scolastica. «In concreto ha significato allargare ancora di più la partecipazione degli insegnanti alle decisioni, radicare la scuola sul territorio creando delle figure specifiche che si occupassero del rapporto con le università, le aziende, le associazioni della società civile. La sfida non è solo che la scuola affronti i temi della sostenibilità, ma che diventi un centro propulsore dello sviluppo sostenibile ». Una conferma è arrivata, nel luglio del 2017, dall’uscita del piano di educazione alla sostenibilità della ministra Valeria Fedeli. La scuola della sostenibilità, intanto, sta diventando una community: all’istituto Tommaseo si sono aggiunte due scuole paritarie del mantovano e un istitutoprofessionale statale di Bari.
Avvenire
Giovedi, 13 marzo 2019