UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Superiori, 45mila studenti arrancano

Sud in ritardo in italiano e matematica
15 Luglio 2021

Nonostante la Dad e l’impegno dell’intero sistema scolastico, la pandemia ha provocato gravi danni agli studenti, pesando come un macigno sul loro apprendimento e sul livello di profitto raggiunto. Il virus ha costretto per lungo tempo a tenere chiusi anche i portoni degli istituti lasciando i ragazzi a casa a “imparare” l’italiano, la matematica, l’inglese e le altre materie da soli davanti a un device: un brusco cambio di rotta rispetto alle solite modalità di insegnamento, ma l’unica possibile alternativa alle lezioni in presenza.

Meglio di niente, si dirà. Il risultato, però, alla fine, se si escludono le elementari, è stato un disastro. Forse potevamo capirlo di fronte alle paure e alle incertezze che molti maturandi hanno manifestato davanti alle commissioni d’esame, nel giugno scorso, ma adesso ci sono i dati delle prove Invalsi a darcene conferma, con una fotografia impietosa del livello di preparazione dei nostri ragazzi. Dal Rapporto 2021 dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, risulta, per esempio, che metà degli studenti che hanno affrontato la Maturità ne sa come in terza media.

A preoccupare, in ogni caso, è soprattutto il potenziale incremento della dispersione scolastica visto che circa 45mila giovani, il 9,5% degli alunni che hanno frequentato un liceo o un istituto tecnico o professionale, è uscito dal percorso formativo con «competenze di base fortemente inadeguate». E, più in generale, ha raggiunto il 23% «il livello stimato dei giovani tra i 18 e i 24 anni che si trova in forte difficoltà» avendo abbandonato la scuola o che, pur essendo stati promossi, non hanno acquisito le minime competenze di base (erano il 22,1% nell’Invalsi 2019). E permane il divario Nord-Sud, con una parte dello Stivale ancora indietro e la quota di studenti sotto il livello minimo di preparazione che cresce di più tra chi è socialmente ed economicamente svantaggiato. Nel Mezzogiorno la cosiddetta “dispersione implicita” ha superato ampiamente valori a due cifre (Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%), fenomeno che mette in allarme poiché nelle stesse regioni anche il numero di dispersi espliciti (coloro che hanno abbandonato la scuola prima del diploma) è assai più alto della media nazionale.

La situazione è ancora più drammatica nelle secondarie di secondo grado, dove gli studenti sono in ritardo in italiano (il 44% non raggiunge risultati adeguati), matematica (51%) e inglese (il 51% nel reading e il 63% del listening). E sono marcate, appunto, le differenze tra le regioni con percentuali molto elevate di studenti al di sotto del livello minimo nel Mezzo- giorno, in particolare in Campania e Puglia. Le prove Invalsi 2021 hanno coinvolto quest’anno oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e circa 475.000 ragazzi dell’ultima classe della scuola secondaria di secondo grado. Sono state svolte oltre 3.820.000 prove CBT (computer based testing) nell’arco di quasi tre mesi, da marzo a maggio nelle medie e nelle superiori. Quest’anno, però, non erano previste le prove per gli studenti delle classi II della scuola secondaria di secondo grado.

L’incremento della povertà educativa che si intravede dai dati, precisa la relazione Invalsi, «richiede una prospettiva multifattoriale» con azioni complementari, e a lungo termine, che dovranno coinvolgere non solo le scuole con tutte le loro componenti, ma anche enti locali, fondazioni e terzo settore. Non basteranno, cioè, solo i corsi di recupero a settembre. Ma qui la palla passa a chi deve prendere decisioni politiche o amministrative. Lo ha spiegato bene la presidente di Invalsi, Anna Maria Ajello: «La politica ha delle responsabilità. Basta pensare alle scelte fatte in Puglia e Campania (dove le scuole sono state chiuse più a lungo che altrove, ndr) e ai risultati conseguenti. Bisogna recuperare la voglia di stare a scuola: serve un’attività compensativa particolare». E non è solo questione di risorse.

Fulvio Fulvi

Avvenire, 15 luglio 2021

(foto Ansa/SIR)