Si può fare scuola e imparare “a stare al mondo”, anche fuori da aule e laboratori, mettendosi al servizio della propria comunità. È l’esperienza del service learning,innovativa metodologia didattica, già largamente conosciuta e praticata negli Stati Uniti, in America Latina e in molti Paesi europei, che sta cominciando a prendere piede anche in Italia, nell’ambito del progetto Avanguardie educative dell’Indire, l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa. Su iniziativa dell’Istituto, della Fondazione Uibi e della Scuola di alta formazione Eis dell’Università Lumsa, si è svolto nei giorni scorsi a Lucca il primo convegno internazionale sul service learning, durante il quale sono state presentate alcune delle esperienze più significative portate avanti dalle scuole italiane. «Ilservice learning– spiega Paolo Masini, docente di religione al polo “Fermi-Giorgi” di Lucca, direttore della Fondazione Uibi e tra i promotori del convegno – chiede agli studenti di compiere concrete azioni solidali nei confronti della comunità, sostenendo la scuola nella collaborazione con le istituzioni e le associazioni locali. È, in altri termini, una modalità “politica” di fare scuola, perché affronta insieme l’apprendimento e lo “stare al mondo”. Il micro-mondo del quartiere, della città (po-lis), torna ad essere la “grande aula” delle nostre esperienze, quelle più originarie e simboliche, che nascono dal confronto con i bisogni reali, dalle relazioni sociali e dall’incontro umano con la “parola che educa”, che indica cioè un percorso, che offre significati da riflettere non pagine da ripetere a memoria».
Rompendo il rigido schema dell’apprendimento di stampo tayloristico, che ha nella lezione frontale la sua massima espressione, ilservice learning,spiega sempre Masini, si propone di «ripensare la scuola», prendendo la mosse dal metodo “etologico” dell’«imparare facendo» e rappresentando, così, «una forma di equilibrio tra la scuola che insegna e la scuola che prepara a “stare al mon-do”, un modello che inevitabilmente impatta sui curricula e sulla didattica attuali. Elementi – sottolinea l’esperto – che per una certa parte (forse anche ampia se guardiamo alla scuola superiore) appaiono inadeguati alla complessità glocale nella quale viviamo».
Scaturiti dall’incontro con i bisogni reali della comunità, i progetti diservice learning riguardano un’ampia gamma di tematiche, che spaziano dalla tutela dell’ambiente alla promozione della cultura del territorio, dalla prevenzione del bullismo all’accoglienza dei migranti. Problematiche sulle quali si sono esercitati gli istituti che hanno presentato le proprie esperienzea Lucca.La tutela dell’ambiente è stato il tema scelto dagli studenti di
35 scuole di Parma, che in collaborazione con la locale Università e la Fondazione Cariparma hanno deciso di monitorare la qualità dei corsi d’acqua del territorio, utilizzando la tecnologia messa a disposizione da una start up dell’Università. Due gli obiettivi: migliorare le competenze degli studenti in ambito scientifico, valorizzando la didattica laboratoriale e promuovere le loro competenze di cittadinanza all’interno della comunità locale. È stata costituita così una rete di istituti - dalle elementari alle superiori - ciascuno dei quali ha “adottato” un tratto di fiume,raccogliendo e analizzando quattro campioni d’acqua nel corso dell’anno scolastico. «Grazie a questo progetto – racconta Aluisi Tosoloni, preside del Liceo “Bertolucci”, capofila della rete di scuole – la provincia di Parma può contare su un’analisi della qualità delle acque superficiali mai effettuata prima in maniera così dettagliata. Accanto alla valenza didattica del progetto, che ha permesso agli studenti di fare educazione ambientale e scientifica direttamente “sul campo”, ci pare importante sottolineare anche l’aspetto legato all’educazione alla gratuità, rappresentata da quel circolo virtuoso per cui ciò che imparo lo metto a disposizione della comunità e mettendomi a disposizionedella comunità imparo».
Dai problemi di una compagna di classe non vedente hanno preso le mosse gli studenti del
Liceo scientifico e linguistico “Orazio Tedone” di Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, che, nell’ambito delle ore di alternanza scuolalavoro, hanno realizzato un progetto per rendere fruibile anche ai disabili visivi il museo “Jatta”. Nello specifico, gli alunni hanno realizzato dei manufatti tattili di particolari di alcuni vasi, la riproduzione in creta di vasellame, la pianta tattile del percorso museale e una guida in Braille. Tutti materiali utili non soltanto alla compagna ma anche ai visitatori con le medesimeproblematiche.Un secondo progetto degli studenti del “Tidone” ha poi riguardato il tema del bullismo e ha portato all’istituzione, a scuola, della cassetta “Se vedi il bullo dillo”, per le segnalazioni degli alunni. «Grazie a questi progetti – spiega la preside Domenica Loiudice – la nostra scuola vuole essere inclusiva e arricchirsi attraverso la diversità e il confronto con l’altro, perseguire il connubio cittadinanza attivaimpegno formativo, per favorire la crescita globale di persone libere, consapevoli e responsabili».
Sull’accoglienza dei migranti hanno, invece, lavorato gli studenti di Scienze della formazione primaria dell’Università Cattolica, che, in collaborazione con la Caritas, hanno vissuto per tre giorni, nel maggio dello scorso anno, al Campo Roja di Ventimiglia, in provincia di Imperia, che allora ospitava 250 migranti. I giovani sono stati impegnati, oltre che in cucina, nelle lezioni d’italiano agli stranieri e nell’animazione della ludoteca, avendo così l’opportunità di «mettere in campo le competenze acquisite durante il corso di studi – sottolinea la tutor Carla Astori –. Competenze psico-pedagogiche, metodologiche-didattiche, organizzative e relazionali, indispensabili per il lavorodell’insegnante».