UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Studenti afghani, possibile soluzione a giorni

E La Sapienza pensa di immatricolarne altri 40
31 Agosto 2021

Un misto di apprensione e speranza. È questo lo stato d’animo che domina la vicenda dei 118 studenti afghani dell’università La Sapienza di Roma bloccati a Kabul, a un passo dal salire su un volo diretto in Italia ma fermati dalla bomba esplosa nei pressi dell’aeroporto. Si tratta di 81 ragazze e 37 ragazzi (tutti di età compresa tra i 19 e i 22 anni) immatricolati nell’ateneo romano per frequentare in particolare il corso in “Global humanities”, in virtù di accordi internazionali che già in passato hanno consentito a studenti afgani di venire in Italia. Queste sono ore intense, e probabilmente decisive, dopo l’appello lanciato dal prorettore della Sapienza, Bruno Botta, che a sua volta aveva raccolto l’Sos proveniente da alcune studentesse afgane. Ieri Botta e una delegazione del suo ateneo hanno incontrato i rappresentanti della Farnesina che si occupano del caso. Nel gruppo bloccato presso l’aeroporto di Kabul probabilmente c’erano – ma le notizie sono ancora frammentarie – anche i familiari di alcuni docenti, con bambini al seguito.

Con un lavorìo diplomatico ma anche sotto traccia, per molti versi, giocoforza, ufficioso e fatto pure di contatti con afgani in Italia tenuti comprensibilmente segreti, si stanno battendo varie strade per sbloccare la situazione. La soluzione migliore resta ovviamente quella di riuscire ad imbarcare tutti su un aereo, con dei corridoi umanitari che potrebbero aprirsi tra 4-5 giorni. Ipotesi attorno alla quale stanno lavorando alcune organizzazioni, come la Comunità di Sant’Egidio. Tra l’altro, fanno notare a tal proposito dalla comunità di Trastevere, questi studenti hanno già un visto e quindi la situazione potrebbe sbloccarsi subito, in caso di decollo di altri aerei. C’è poi la possibilità che questi studenti dall’Afghanistan riescano a raggiungere via terra alcune nazioni confinanti e da qui tutto diventerebbe meno complicato.

C’è però da considerare, come in effetti è stato accertato anche dagli operatori dell’università romana che stanno seguendo l’evolversi della situazione, che la maggior parte degli studenti provengono dalla zona di Herat e che, qualora abbiano deciso di tornare indietro, il nuovo viaggio verso Kabul non sarebbe così scontato. E va aggiunto che il numero degli studenti afgani che La Sapienza si prepara ad accogliere potrebbe salire, visto che l’ateneo romano si è detto pronto a rivalutare il curricula di altri 40 ragazzi, precedentemente non accettati, per riconsiderare la possibilità di una ammissione tardiva. «Siamo speranzosi che si aprano dei corridoi umanitari per portare in Italia i nostri studenti», ha detto la rettrice Antonella Polimeni. «Siamo in stretto collegamento con la Farnesina e gli altri ministeri interessati, speriamo di avere aggiornamenti al più presto. Tutta la comunità universitaria romana e nazionale segue con grande attenzione la vicenda, non ho dubbi che verrà fatto il massimo». Circostanza quest’ultima garantita anche da Cristina Messa, ministro dell’Università.

La grande solidarietà della comunità accademica e scientifica italiana è dimostrata anche dall’iniziativa di 400 ricercatori del Cnr che hanno sollecitato l’attivazione di tutti i canali diplomatici utili a far venire in Italia ricercatori e studenti di varie discipline «pronti ad accoglierli presso i nostri 90 Istituti in tutta Italia », come afferma Patrizia Lavia, tra i promotori dell’iniziativa, e con la presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza, in contatto con i ministeri dell’Università e della Ricerca «per valutare tutte le azioni possibili e per offrire il nostro contributo».

Igor Traboni

Avvenire, 31 agosto 2021

(foto Ansa/SIR)