UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Sono delusi, arrabbiati e depressi

Ma i giovani non si arrendono
28 Novembre 2022

Autostima e discontinuità sono le parole chiave per il futuro della New Generation EU. Giovani nati e cresciuti nella lunga stagione del declino, iniziata con la grande recessione del 2007, passando di crisi in crisi per arrivare, lo scorso 24 febbraio, allo scoppio della guerra Russia-Ucraina. Per chi, oggi, ha un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, il boom economico degli anni Ottanta è solo un lontano ricordo impresso nella memoria dei genitori. Le nuove generazioni sono chiamate a confrontarsi con una realtà sempre più complessa e l’incertezza del futuro.

Precarietà, lavoro povero, cambiamento climatico, sono tutti fattori che pesano sulla bilancia statistica, e così, dalle risposte dei 1000 giovani Millennials e Generazione Z intervistati da Unipol Changes, in collaborazione con l’istituto di ricerca KKien, per conoscere e comprendere le sfide del PNRR, emerge che a prevalere tra i ragazzi sono le emozioni negative. Ansia, in vetta, e a seguire preoccupazione, confusione e rabbia per ciò che è stato lasciato loro in eredità. Non si tratta di “sdraiati” che preferiscono arrendersi alla logica del reddito di cittadinanza, ma di persone che faticano a trovare un posto di lavoro. Lo cercano, e spesso, per ragioni di necessità, si accontentano di prendere quello che c’è, anche se non consente loro di vivere decorosamente in autonomia poiché a mancare sono la stabilità e un’equa retribuzione.

Il problema non è dato dall’inadeguatezza delle competenze, spesso a incidere è lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro. Per procedere a una prima assunzione, le imprese chiedono che il curriculum vitae soddisfi aspettative poco realistiche, specie con un sistema scolastico ancorato ad un modello di formazione teorico, privo di esperienza sul campo, distante dal mondo del lavoro e carente nell’insegnamento delle lingue straniere. Da qui il divario con i Paesi del Nord Europa.

E quando a regnare è l’incertezza, il risultato è doppio: se da un lato vi è il dilatarsi dei tempi che consiste nel rinviare determinate scelte, come andare a vivere da soli, avviare una propria attività, fare figli; dall’altro cresce il disagio psicologico da intendere come sofferenza reale e diffusa anche quando non sfocia in una patologia. Emerge che la maggioranza dei giovani si sente sotto pressione, quasi la meta degli intervistati dichiara di sentirsi depresso, triste, in balia degli eventi, deluso dalla vita. Un quarto, addirittura, pensa di essere malato. Si parla di una generazione in evidente difficoltà.

In questo quadro difficile, però, si ravvisano segnali positivi, perché, nonostante tutto, una buona parte dei giovani italiani guarda con fiducia al futuro, il 63% del campione di intervistati si dice ottimista e la ragione è da attribuire alla consapevolezza di poter giocare la propria parte. Si è riconoscenti verso genitori e nonni, a prevalere sono stima gratitudine e affetto, ma ad alimentare la sicurezza in se stessi è un’essenziale presa di coscienza: il mondo cambia con rapidità e per tenere il passo sono necessarie l’intraprendenza, la dinamicità e l’entusiasmo delle nuove generazioni, ma anche la maggiore attenzione che i giovani ripongono sui temi della sostenibilità e dell’inclusione.

Medicina e tecnologia sono i settori in cui meglio si declina il concetto di progresso e in questa prospettiva l’opinione più diffusa è che lo sviluppo dell’hi-tech, se accompagnato da un adeguato processo di assimilazione, possa contribuire al miglioramento della società.

Alla luce di tutto questo, si segnala, però, un grande assente: la partecipazione. Disillusi e scoraggiati, i giovani si tengono a debita distanza dalla cosa pubblica e più che farla, la politica la subiscono, convinti che dentro al sistema rimanga poco o nulla da salvare.

Niente giornali e poca tv, oggi ci si informa sul web, con velocità e approssimazione; si aderisce ad iniziative specifiche e nella maggior parte dei casi in ragione di un interesse particolare.

Eppure, saranno proprio le scelte della politica a condizionare il futuro delle nuove generazioni, considerando che la gestione dei fondi europei, attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, può diventare l’occasione per rimetterle al centro della scena.

Le sfide da vincere sono due e sono interdipendenti: raggiungere obiettivi strategici come digitalizzazione e riconversione ecologica, perché nel lungo periodo saranno questi gli elementi che aiuteranno la nostra economia a crescere, ma anche coinvolgere i giovani e renderli i veri protagonisti del cambiamento. Solo così sarà possibile fermare l’emorragia che sta privando l’Italia di ragazzi e ragazze che, per forza di cose, si rassegnano a cercare altrove le opportunità che, qui, ancora non hanno.

Selena Frasson

Avvenire, 26 novembre 2022