Se la scuola è il luogo principale in cui i bambini fragili sperimentano la socialità e l’integrazione, in questo l’Italia continua a restare un passo indietro. Meno di una scuola su tre (32%), infatti, risulta accessibile agli alunni che hanno bisogno di sostegno. Una situazione più difficile al Sud, dove soltanto il 26% degli edifici scolastici è a norma, mentre la situazione è migliore al Nord dove i valori raggiungono il 40% superando la media nazionale. Il rapporto Istat “L’inclusione scolastica: accessibilità, qualità dell’offerta e caratteristiche degli alunni con sostegno” sulle scuole italiane (dall’infanzia alla secondaria superiore), relativo all’anno scolastico 2017/2018, non lascia infatti grandi margini di interpretazione rispetto alle difficoltà incontrate quotidianamente dai poco più di 272mila alunni con sostegno che frequentano i 56.690 scuole italiane (3,1% del totale degli iscritti).
E le difficoltà sono sia fisiche-strutturali – niente ascensori, porte non adatte, assenza di bagni ad hoc, niente rampe accanto alle scale – che 'senso-percettive': nessun segnale acustico per non vedenti o visivo per sordi, niente percorsi tattili. Se una scuola su tre così è totalmente accessibile ai disabili, il quadro peggiora notevolmente se si considera la presenza di barriere senso-percettive: la percentuale di scuole a misura di disabili scende al 18%. Anche in questo caso la quota più bassa si registra nelle regioni del Mezzogiorno (13%).
Non viene in soccorso neppure la tecnologia, un facilitatore non solo nell’apprendimento ma nella inclusione in classe per questi alunni disabili. Solo il 43% degli istituti, difatti, ha postazioni informatiche in classe per loro e addirittura una scuola su 4 è carente totalmente. In generale, per il 9% degli alunni con sostegno, gli ausili didattici utilizzati a scuola risultano poco o per nulla adeguati alle loro esigenze. Ad aiutarli nel loro percorso didattico 156mila insegnanti di sostegno – il rapporto è di 1,5 alunni per insegnante – però distribuiti in maniera diseguale lungo lo Stivale, con una maggiore concentrazione nelle regioni del Mezzogiorno. Ma a far riflettere è il fatto che la graduatoria degli insegnanti di sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda e, dunque, il 36% di chi va a far lezione ad un alunno disabile è un docente scelto dalle 'liste curriculari' (insegnanti destinati all’intera classe). Quindi non specializzato. Eppure di fronte a loro ci sono bambini che nel 46% dei casi hanno disabilità intellettive, il 25% disturbi dello sviluppo, il 20% quelli di linguaggio. A cui una volta su due si aggiunge la presenza di più patologie in contemporanea.
Per loro in media sono previste 14 ore settimanali di sostegno, con una crescita del 14% negli ultimi cinque anni (1,7 ore in più a settimana). Anche in questo caso il numero di ore è maggiore nelle scuole del Mezzogiorno – mediamente 3 ore in più – rispetto a quelle rilevate negli istituti del Nord. Non sempre però è facile per gli alunni con disabilità avere 'il sostegno' di cui hanno bisogno, visto che il 5% delle famiglie di bambini con sostegno ha presentato negli anni un ricorso al Tar per ottenere l’aumento della presenza dell’insegnante ad hoc. E nel Mezzogiorno la percentuale di ricorsi è doppia rispetto a quella del Nord (rispettivamente 6% e 3%). Poco garantita anche la continuità del rapporto tra docente per il sostegno e alunno: nell’anno 2017/2018 il 41% degli alunni ha cambiato insegnante rispetto all’anno precedente, mentre il 12% lo ha persino visto andar via nel corso dell’anno scolastico.
Alessia Guerrieri
Avvenire, 4 gennaio 2019