Una protesta nata “dal basso” quella che ieri ha fatto sentire la propria voce davanti al ministero dell’Istruzione. E a scendere in piazza, questa volta, sono addirittura i capi d’istituto. Motivo della non comune protesta: le norme che in fatto di sicurezza a scuola equiparano il preside a un “datore di lavoro” e che per questo lo chiamano in prima persona a pagare in caso di incidenti dovuti a mancati interventi di sicurezza. E i casi, purtroppo, non mancano nella cronaca locale e nazionale.
Ma «equipararci a datori di lavoro – commenta Ezio Delfino, presidente nazionale della Disal Presidi, associazione professionale dei dirigenti scolastici di scuole statali e paritarie, che ha condiviso le cause del disagio – è assurdo per tanti motivi. Non siamo noi a determinare il numero di persone da assegnare alla scuola e neppure scegliamo il nostro personale». Per non parlare del fatto «che non abbiamo risorse economiche e neppure le competenze per gestire la sicurezza degli edifici», che annualmente vengono “bocciati” dalle indagini condotte da associazioni e gruppi che si occupano proprio del tema. Neppure gli stanziamenti annunciati dal governo serviranno a coprire i problemi evidenziati. La legge, però, non concede alcuna deroga e così «molti colleghi sono stati condannati in tribunale per incidenti a dire il vero imprevedibili, in base a una norma che definiamo disumana e assurda. Vorremmo arrivare a una responsabilità sostenibile».
La protesta di ieri, dopo un’assemblea presso l’Istituto Leonardo da Vinci di Roma, come detto è partita dal basso, da presidi che si sono trovati a fare i conti con questa norma e che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze giudiziarie. Da parte loro le associazioni di categoria (Disal, Anp e Andis) in corso d’opera hanno espresso anch’esse contrarietà alla norma. «Se di rischi il dirigente deve essere responsabile nella vigilanza – commenta Paolino Marotta, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici (Andis) –, siano solo quelli attinenti all’attività scolastica. La valutazione e i rischi strutturali devono ricadere sotto la responsabilità degli enti proprietari dello stabile». Dunque lo Stato o gli Enti locali. Pochi giorni fa lo stesso presidente nazionale dell’Anp Antonello Giannelli ha affrontato il tema in un incontro con il viceministro Anna Ascani, delegata dal ministro Fioramonti all’edilizia scolastica. E proprio martedì sera, vigilia della protesta, la stessa Ascani con Anp, Cgil, Cisl, Uil e Snals ha sottoscritto al ministero un accordo al cui primo punto vi è proprio l’impegno a intervenire sul tema. Una dichiarazione di intenti che ora, però, deve trovare attuazione concreta. «Attendiamo di vedere i prossimi passi» commenta Delfino, che comunque non rinuncia alla scelta della via legislativa già intrapresa nella scorsa legislatura con la presentazione di un testo di modifica alla legge. In assenza di passi concreti, «penso che saremo costretti ad applicare rigidamente le norme con la chiusura dei plessi dove non è garantita la sicurezza al 100%». Un avvertimento che se attuato rischia il blocco di molte scuole.
Enrico Lenzi
Avvenire, 31 ottobre 2019