«Spesso siamo una piccola bussola per chi si sente smarrito in un ambiente nuovo e, a volte, più complesso di quello da cui proviene». A parlare sono i cappellani o i responsabili delle cappellanie universitarie. E ad usufruire di questa bussola sono in particolare gli studenti fuorisede. Di loro in questi ultimi mesi si è parlato molto soprattutto in merito alla difficoltà di trovare alloggi adeguati e a prezzi sostenibili, in particolare nelle città universitarie del nostro Paese. Molti atenei e associazioni cercano di dare una risposta concreta con i collegi universitari (ma che hanno anche una valenza di educazione complessiva della persona e non si limitano a offrire un posto letto) o le residenze per studenti.
«La pastorale universitari non ha tra i propri obiettivi quelli di trovare alloggio ai fuori sede - spiega don Antonio Colamarino, cappellano universitario a Napoli ma in alcuni casi cerchiamo di fare da tramite con le residenze delle case religiose presenti nella zona universitaria o in città». La cappellania universitaria di Napoli, in alcuni casi, riesce persino a coinvolgere dei privati che mettono a disposizioni abitazioni per gli studenti, ma «certo non è il nostro obiettivo primario». E così torniamo a quella funzione di «bussola», che potremmo definire anche «capacità di accoglienza». «Con l’esperienza - spiega suor Lina Santantonio, dell’équipe di pastorale universitaria del Vicariato di Roma e religiosa delle suore di Gesù Buon Pastore- pastorelle - ci siamo resi conto dell’importanza di essere un punto accogliente al quale lo studente fuorisede può rivolgersi. Accogliere e ascoltare per poter poi accompagnare questi giovani e queste giovani lungo il loro percorso universitario». E sotto questo profilo, suor Santantonio offre uno spunto di riflessione interessante. «Non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di ragazzi e ragazze che arrivano nelle città universitarie in primo luogo per studiare e frequentare una facoltà. Ma non è tutto qui- sottolinea la religiosa -. È anche un momento importante della loro vita, quello delle scelte per il futuro sotto ogni punto di vista. Questo è il campo dove il nostro essere bussola diventa ancora più importante. Accompagnarli nelle scelte, persino sulla facoltà intrapresa». E poi c’è il campo della vita privata e di quella professionale. «Penso agli studenti che incontriamo nelle facoltà di Medicina - aggiunge la religiosa delle pastorelle -. A volte gli universitari (e in questo caso non parlo solo dei fuorisede) proprio nel corso degli studi maturano decisioni professionali di donazione agli altri».
Una prospettiva condivisa da don Colamarino, che a Napoli si occupa della chiesa che l’arcidiocesi ha messo a disposizione della pastorale universitaria. «Nei locali della chiesa abbiamo allestito un centro di accoglienza degli studenti fuorisede e non. Qui trovano un’aula per studiare, un’aula dove partecipare a eventi e incontri che promuoviamo, ma soprattutto un luogo dove sentirsi accolti dopo il grande salto che quasi tutti fanno, passando da piccole realtà cittadine a grandi città. Da parte nostra cerchiamo di offrire un luogo da abitare, in cui fare e partecipare a iniziative». Ecco che alle azioni della pastorale universitaria si aggiunge anche quella «convivialità, che ci permette di avvicinare gli universitari». Non a caso l’anno scorso l’incontro dei cappellani universitari, svoltosi proprio a Napoli, aveva come slogan «fare casa». Un «fare casa» che sul versante dei fuorisede arriva a coinvolgere anche giovani stranieri e non cattolici. «Lo vediamo bene in una realtà come quella di Roma - dice suor Santantonio -. L’accoglienza non fa distinzioni e devo dire che anche in questi casi la ricerca di un luogo accogliente è una necessità. E noi ci siamo».
Come si vede la presenza di un cappellano universitario - e anche di una sede specifica - appare un elemento tutt’altro che trascurabile nella vita di uno studente universitario, e fuorisede in particolare. Uno scenario ben presente agli atenei stessi, che come Conferenza dei rettori delle Università italiane (Crui) ha sottoscritto con la Conferenza episcopale italiana un «manifesto per l’Università» nel maggio 2019 proprio con l’obiettivo di promuovere una collaborazione tra le due realtà al servizio degli universitari. «Fu un documento importante - ricorda Ernesto Diaco, responsabile dell’Ufficio scuola e università della Cei - anche se ancora oggi non in tutti gli atenei sono presenti cappellanie al loro interno. Siamo davanti a uno scenario variegato. E tranne poche eccezioni tra la pastorale universitaria e le autorità accademiche vi sono forme di collaborazione e di interazione, anche se non sempre questo si concretizza con una sede o un luogo affidato a un cappellano». Per Diaco il raggio d’azione di questa pastorale non si ferma ai soli studenti, ma «coinvolge anche l’intero personale e i docenti dell’ateneo. A tutti è rivolta una pastorale che accanto alle celebrazioni liturgiche, promuove anche incontri, momenti di riflessione e la possibilità di colloqui personali con i sacerdoti».
Enrico Lenzi
Avvenire, 6 novembre 2024