Sfida educativa e protagonisti: «Ecco le due parole che sintetizzano il nostro modo di essere presenti nella scuola» spiega Roberto Gontero, presidente nazionale uscente dell’Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc) alla vigilia del XVIII congresso che si svolge a Roma da domani al 4 marzo. E «tra le sfide del momento abbiamo pensato di ragionare su quella dell’era digitale, per offrire un servizio non solo ai nostri associati, ma a tutti i genitori». Il tema sarà infatti al centro della sessione pubblica del congresso domani pomeriggio. «Ci aiuterà – ricorda Gontero – il recente rapporto del Cisf sul tema dell’era digitale e la presenza di esperti».
Ma l’Agesc pone nella propria agenda anche il recupero di «un patto educativo tra famiglia e scuola, che alcuni episodi di cronaca hanno drammaticamente messo in discussione, trasformando alcuni genitori come antagonisti dei docenti ». Certo la firma nei giorni scorsi al ministero dell’Istruzione del nuovo patto di corresponsabilità educativa «è un passo importante, perché non intendiamo retrocedere nel nostro essere protagonisti. È un segnale che vogliamo dare, perché ci sono migliaia di genitori che cercano di educare al meglio i propri figli e non ricorrono a metodi inaccettabili come abbiamo visto nella cronaca». Una firma e una partecipazione convinta, assicura Gontero, «perché da sempre puntiamo ad avere un patto che veda la famiglia e la scuola una al fianco dell’altra per far crescere i nostri figli».
Gli episodi di cronaca con genitori «protagonisti in negativo» sono «per fortuna» isolati, ma, non si nasconde Gontero, sono anche «sintomo di un malessere più diffuso, che a volte possiamo riscontrare in ambiti più ristretti, come ad esempio, le chat dei genitori su WhatsApp». Segnali da non sottovalutare, ma «che non devono fermarci nel proporre strategie che recuperino il patto educativo tra genitori e scuola. Del resto il cambiamento non può che partire dalle persone, che vogliamo chiamare alla riflessione e alla pacatezza ».
Il congresso che si apre a Roma domani segnerà anche la conclusione dei due mandati di presidenza per Roberto Gontero. «Fare un bilancio completo non è semplice – sottolinea –. In questi anni, ma lungo tutta la mia esperienza associativa, molti aspetti positivi sono nati proprio dalle relazioni con gli associati e con gli altri genitori. Credo di lasciare una Agesc cresciuta e soprattutto rimasta associazione ecclesiale, capace di dare un contributo all’interno della Chiesa con la propria originalità. Essere genitori cristiani non lo si diventa perché si iscrivono i figli nella scuola cattolica. E questo legame con la Chiesa per noi è importante». Tra gli aspetti meno positivi di questi sei anni Gontero pone «ancora la mancata piena parità scolastica che permetta davvero la libertà di scelta delle famiglie. Certo vi sono stati con i governi dell’ultima legislatura passi nuovi - dalle detrazioni fiscali allo school bonus, alla possibilità di partecipare ai fondi Pon -, anche se restano ancora insufficienti per la piena libertà». È forse «il rammarico maggiore di questi 6 anni – conclude Gontero –, ma il percorso non si è interrotto e proseguiremo nella nostra battaglia».
Enrico Lenzi
«L’educazione dei ragazzi richiede adulti consapevoli del proprio ruolo. Invece, sempre più spesso, il problema dei giovani sono proprio adulti incapaci di essere per loro una presenza significativa e consapevole». Ben venga, allora, il nuovo Patto di corresponsabilità educativa se, come auspicato dal presidente dell’associazione presidi Disal, Ezio Delfino, riuscirà a scuotere il mondo degli adulti, sollecitandoli a riprendere in mano, insieme alla scuola, le redini dell’educazione.
Su quale base deve poggiare questa nuova alleanza educativa?
Sulla tensione reciproca, di genitori, insegnanti e presidi, a condividere lo scopo dell’educazione, pur nella distinzione e integrazione dei ruoli. Ricordo che, dieci anni fa, qualcuno accolse con curiosità la prima versione del Patto di corresponsabilità, ritenendo forse scontata l’alleanza scuola-famiglia. Col tempo abbiamo capito che di scontato non c’è nulla e quindi ben venga questo patto, che è scritto ma non deve essere soltanto formale.
Qual è lo specifico ruolo del preside in questo contesto?
Il dirigente scolastico è un punto di raccordo e mediazione. Il suo è un ruolo decisivo perché è garante che le responsabilità di ciascuno siano effettivamente corrisposte. Quando emergono dei problemi, il preside ha poi anche una funzione di mediazione per riportare tutti gli attori della comunità scolastica allo scopo della scuola, che è educare e sostenere la crescita dei ragazzi.
Per quella che è la sua esperienza di dirigente, le famiglie sono consapevoli del proprio ruolo o tendono ancora a delegare l’educazione dei figli alla scuola?
In tanti anni, una delega in bianco assoluta non l’ho mai rilevata. E questo è senz’altro positivo. Certo, non tutte le famiglie sono consapevoli del proprio ruolo nella scuola e tante sono anche impreparate di fronte alle nuove problematiche dei figli e si rivolgono per un aiuto alla scuola. Va anche ricordato che le famiglie sono sempre più sole e spaesate davanti all’emergenza educativa dei figli. In questo contesto, il ruolo che la scuola oggi si assume, anche attraverso il Patto di corresponsabilità educativa, è aiutare le famiglie a darsi strumenti per svolgere pienamente il proprio ruolo.
Da oggi e per tre giorni, Disal è impegnata nel convegno nazionale sul tema “Generare cambiamento”: come i presidi vogliono incidere sulla scuola di oggi e, soprattutto di domani?
Generare cambiamento significa che il dirigente di oggi vuole contribuire alla creazione di qualcosa di nuovo per la scuola del futuro. Durante il convegno cercheremo le risposte a tre domande: ha un futuro la scuola nel contesto attuale? È possibile un futuro senza scuola? Quale scuola per il futuro? Questioni che richiedono, a chi dirige scuole, di interpretare e accompagnare il cambiamento.
Verso quale direzione?
È indubbiamente iniziata una nuova stagione della scuola e della sua funzione che richiede un ripensamento del senso e delle dinamiche della scolarità, un riposizionamento della scuola all’interno dello scenario socio- culturale postmoderno, un’integrazione tra processi di riforma dall’alto e processi evolutivi generati dalla libera iniziativa dei soggetti educativi. In questo scenario, il dirigente è chiamato ad aprirsi al futuro a partire da un’attenta lettura del presente.
Paolo Ferrario
Avvenire, 1 marzo 2018