Settembre. Ricomincia l’anno degli adulti, l’anno dei lavori che non sono mai finiti e delle rincorse di giornate intasate, delle buste della spesa rovesciate e dei pensieri tra le auto incolonnate, delle ricette dimenticate dal dottore e delle cene arrabattate all’ultimo minuto. Settembre. Ricomincia l’anno dei ragazzi e delle ragazze, l’anno della scuola, delle felpe e dei cappucci, di un corpo che non smette di cambiare e dei pollici furiosi sul cellulare, della pioggia dei messaggi infiniti e dei silenzi ostinati, della giostra del tanto e del poco, della tempesta nel bicchiere e del sole nel temporale. Gli adulti siamo noi, ci sembra di esserlo sempre stati. Ma chi sono quest’anno i ragazzi e le ragazze, dove sono quest’anno i ragazzi e le ragazze, ci sono ancora i ragazzi e le ragazze?
Anche i giornali l’hanno scritto, in molti da un po’ ce lo dicevamo, quest’anno a scuola, dalle superiori alle elementari, ci saranno soltanto i ragazzi nati negli anni Zero. Il Novecento se ne è andato dai banchi e con lui anche i codici, le idee, i luoghi, i tempi che ci sono sempre appartenuti sembrano evaporati. In questi giorni di attesa che tutto riparta, a volte ho avuto come la sensazione che quegli adolescenti che fino all’anno scorso erano sì da me distanti, ma forse un po’ ancora mi assomigliavano, saranno ora sempre più estranei, più lontani, più marziani. Sono qui tra noi certo, ma quanto li percepiamo sempre più tra loro in nuovi luoghi a noi preclusi, come un party su Fortnite, li vediamo qui tra noi certo, ma quanto li osserviamo sempre più tra loro in nuovi sguardi a noi preclusi, come una storia su Instagram. Ma ecco che arriva settembre.
Da settembre, mille volte più dell’estate, si intrecceranno i lavori che non sono mai finiti e le giornate intasate con i corpi che non smettono di cambiare e i pollici furiosi sul cellulare; l’anno della scuola, delle felpe e dei cappucci farà a gomitate con la busta della spesa rovesciata, la cena arrabattata s’azzufferà con il sole nel temporale e la tempesta nel bicchiere. Noi, gli adulti e loro, i ragazzi e le ragazze, torneremo gomito a gomito, anche in famiglia pur essendolo sempre stati, tanto più nelle classi, in oratorio, all’allenamento, dal momento in cui ci saremo rincontrati. Ancora una volta ci rassereneremo all’evidenza che gli adulti e i ragazzi e le ragazze, da che il mondo è mondo, in fondo estranei lo siano sempre stati ed è giusto che sia così.
Perché il mistero di tanta fatica e tanta bellezza è proprio questo: sentire, essere parte, fare a pugni giorno per giorno con troppa vita che anno dopo anno è diversa, che ci sorprende, ci spiazza, cambia volto, corpo e voce, impasta dubbi e pensieri, domande e sorrisi, ci chiama a essere accompagnata ma mai posseduta, compresa ma mai conquistata. In piccolo, cercherò di farlo anche io, dall’osservatorio di questa rubrica che con grande piacere spero di rendere viva, insieme a voi, anche quest’anno. A tra quindici giorni.
Roberto Contu
RomaSette, 12 settembre 2018