Più investimenti, maggior autonomia, meno burocrazia. Ma soprattutto una maggior consapevolezza che il futuro del Paese e delle giovani generazioni passa da un potenziamento anche del percorso universitario, con lo sguardo rivolto all’Europa. È una fotografia con molte ombre quella che ieri mattina alla Sapienza di Roma è stata illustrata in un convegno promosso dall’associazione Treellle, da molti anni realtà molto attenta al mondo dell’educazione in tutti i suoi aspetti. «È necessario un salto culturale e di costume in tutto il mondo universitario, in particolare ai suoi vertici» commenta Attilio Oliva presidente di Treellle, che non risparmia anche una critica alla stessa Unione Europa che «non ha realizzato quello spazio europeo per l’istruzione superiore e la ricerca che resta un processo incompiuto », complice probabilmente anche il fatto che i sistemi educativi e scolastici rimangono di competenza esclusiva dei singoli Stati. Ecco perché, propone Treellle, sarebbe necessario far diventare l’istruzione superiore «materia concorrente a livello europeo per migliorare il nostro contributo globale».
Da parte sua il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, chiudendo i lavori della mattinata ha riconosciuto che «il sistema ha bisogno di una scelta politica consapevole senza scontri partitici». Non solo. Per il ministro occorre anche «accelerare i processi di cambiamento », avendo come punti di riferimento «riqualificazione della didattica interna al sistema; garantire il diritto allo studio là dove ora non c’è; e innovare gli strumenti di innovazione e di governance».
Molte le voci offerte nel convegno di Treellle, che hanno sottolineato, da diversi punti d’osservazione, la distanza che il nostro sistema universitario «non regge il confronto con il resto dell’Europa ». Una constatazione, cifre alla mano: gli investimenti rappresentato l’1% del Pil (contro l’1,4 della media europea), i laureati sono il 17% della popolazione 25-64 anni (mentre in Europa la media è del 32%), il tasso di completamento degli studi universitari è pari al 44% (quasi 20 punti in meno della media europea), il tasso degli abbandoni dei percorsi è del 42% mentre nella media siamo attorno al 31%.
Ma partendo proprio dai dati critici, l’associazione Treellle, come suo metodo di lavoro, traccia una serie di proposte operative per 'invertire' la rotta. E anche in questo caso non mancano, a cominciare dalla «necessità che il governo elabori un piano quinquennale di incremento della spesa sul Pil, con una crescita degli stanziamenti di almeno un miliardo e mezzo di euro». Decisivo appare anche «accrescere rapidamente il numero degli ingressi id giovani ricercatori per aumentare il rapporto tra questi e la popolazione in età di lavoro, accrescendo le capacità del nostro Paese di attrarre le risorse che l’Europa investe in ricerca ». Un dato su tutti: oggi l’Italia versa 9 miliardi al fonte europeo, ricevendone soltanto 6. Non meno importanti, secondo Treellle, l’attenzione a un sistema di governo con «il ministero impegnato ad esercitare i propri poteri di indirizzo strategico», ma al contempo «ampliando l’autonomia delle università nel reclutamento dei docenti condizionandola solo alla sua condizione finanziaria». Senza dimenticare di «rafforzare il ruolo dell’agenzia per la valutazione, come strumento strategico». E poi la centralità di studenti e docenti nei vari processi universitari, con un occhio di riguardo anche ai percorsi delle scuole universitarie professionali, cioè percorsi triennali altamente professionalizzanti.
Enrico Lenzi
«Sono sempre disponibile al confronto, ma non a sopraffazioni ». Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli affida a un comunicato ufficiale il proprio commento sugli scontri e le proteste che hanno accompagnato il convegno promosso dall’Associazione Treellle all’Università La Sapienza di Roma. Proteste che hanno avuto la possibilità di «intervenire» nel corso dei lavori, come ha ricordato ancora il ministro, sottolineando che «ho dimostrato anche oggi la disponibilità al confronto chiedendo a un gruppo di ricercatori e studenti di esporre i motivi della loro contestazione». Un gesto anche per allentare la tensione che nel corso della mattina è andata crescendo. Una cinquantina di manifestanti, con striscioni, fumogeni e al grido 'fuori i padroni dall’Università', ha cercato da subito di raggiungere la sala del convegno, ma le forze dell’ordine e il personale dell’ateneo hanno negato questa possibilità. Ne sono nati scontri e qualche azione di alleggerimento da parte delle forze dell’ordine (il bilancio finale parla di 4 agenti contusi e 40 giovani identificati e deferiti all’autorità giudiziaria). Nonostante il cordone di sicurezza alcuni manifestanti sono giunti sino all’esterno dell’aula alla facoltà di Lettere dove era in corso il convegno. Tra gli slogan dei manifestanti anche attacchi agli ex ministri Luigi Berlinguer e Maria Stella Gelmini (assente all’ultimo momento), per «aver distrutto l’università». Come detto al termine dei lavori è stata concessa la parola anche a un precario e a uno studente. Infine la parola del ministro: «Ascolterò, dialogherò, cercherò soluzioni il più possibile condivise per provare a risolvere», ma «il dialogo richiede rispetto reciproco» senza «ricorrere alla violenza o alle intimidazioni».
(E.Len.)
Avvenire, 15 marzo 2017