Chi va poco a scuola ha molte più probabilità di diventare povero. E l’Italia è al primo posto in Europa per numero di Neet, giovani disoccupati che non studiano né cercano lavoro (29,5% contro una media Ue del 17,2). È penultima per numero di laureati tra i 30 e i 34 anni (26,9% contro 39,9 in Ue). Ed è quarta per giovani con la sola licenza media inferiore (14% contro il 10,6 dell’Ue).
Dati allarmanti, indicativi di un alto tasso di povertà educativa che favorisce la trasmissione intergenerazionale della povertà economica. Un problema che la Caritas affronta da tempo, attraverso quasi 300 esperienze di doposcuola parrocchiali, in tutte le diocesi italiane.
Il legame tra povertà educativa minorile e condizioni di svantaggio socio-economico, dunque, risulta nel nostro Paese particolarmente accentuato, come emerge il Rapporto Caritas Italiana 2018 su povertà e politiche di contrasto.
La povertà educativa riguarda in gran parte famiglie colpite dalla tradizionale povertà socio-economica. Situazioni di maggior svantaggio (sia sul fronte dei servizi che delle possibilità individuali) sono proprio nel Mezzogiorno che ha i più alti livelli di povertà assoluta: minore copertura di asili nido, di scuole primarie e secondarie a tempo pieno, percentuale più bassa di bambini che fruiscono di offerte culturali o sportive e contemporaneamente maggiore incidenza dell’abbandono scolastico.
Sul fronte della cittadinanza gli alunni stranieri evidenziano tassi di povertà educativa maggiori rispetto ai loro coetanei autoctoni. Differenza già molto evidente nel primo anno di corso: all’esito di giugno, il tasso di non ammissione degli stranieri è pari al 22,9% (quasi uno su 4) , mentre quello degli italiani è decisamente più basso (10,8%).
Nella Strategia Europa 2020 l’Italia ha peraltro raggiunto l’obiettivo relativo all’area educazione/istruzione, superando nel 2016 di poco la soglia richiesta del 26% di laureati tra la popolazione 30-34enne con +8,3 punti percentuali dal 2007. Ma siamo comunque al di sotto della media europea a 28 Paesi (39,9%) nel 2017. L’Italia poi è penultima in Europa per laureati, solo prima della Romania.
Luca Liverani
Avvenire, 18 ottobre 2018