UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scuole chiuse e distrutte dai missili. «Si mina il futuro»

In Ucraina più di 3.400 gli istituti bombardati. Nelle regioni dell’est e del sud le lezioni sono solo online da mille giorni
2 Gennaio 2025

«Che bello essere in classe…». Larysa sorride mentre si siede nel banco. Quello che non ha mai visto nella sua vita. Sono i giorni a cavallo fra Natale e l’inizio dell’anno. E finalmente può entrare a scuola. Ha 6 anni. Vive nella regione di Kharkiv e per lei la sua classe è uno schermo su cui vede la maestra e i compagni. Perché nella seconda città dell’Ucraina, a cinquanta chilometri dalla Russia, e nell’intera oblast le scuole non si sono più aperte per le lezioni da quando è iniziata l’invasione russa. Mille giorni di istruzione sfregiata dalla guerra e ridotta a didattica online. E, per Larysa che ha appena cominciato le elementari, l’istituto a cui è iscritta è solo un edificio visto da fuori. Ma in queste ore viene chiamata in aula. Non per una lezione, ma per ricevere la busta-regalo dalle mani di San Nicola che qui fa le veci di Babbo Natale. Con sé porta la cartella e i quaderni che sistema sul banco.

«Le lezioni in presenza sono vietate dalle disposizioni regionali. Per motivi di sicurezza, in territori così vicini alla frontiera russa, non possiamo radunare gli studenti in uno stesso luogo perché diventerebbero un bersaglio. Ma lo abbiamo fatto in maniera riservata adesso», racconta Mykola Petrenko, sindaco di Mizyaky, piccolo Comune nell’hinterland di Kharkiv. Quasi all’unanimità è arrivato il sì delle famiglie dei 138 studenti. E i banchi sono al completo mentre vengono consegnati i doni e scambiati i saluti davanti alle insegnanti che di solito appaiono sul web. Un gesto analogo che si ripete sia nel capoluogo, sia nelle località limitrofe. Sempre con uno stile clandestino.

Oggi oltre il 25% degli studenti ucraini non mette piede a scuola. Solo lezioni a distanza. In gran parte sono quelli delle regioni che confinano con la Russia dove gli attacchi sono rapidi e continui o delle oblast tagliate dalla linea del fronte: da Kharkiv a Donetsk, da Zaporizhzhia a Kherson. Plessi interdetti, nonostante alcuni presidi si siano attrezzati con rifugi tampone ricavati nei sotterranei. «L’effetto è duplice: l’abbassamento del livello di istruzione e la mancanza di socializzazione nei giovanissimi che si traduce in solitudine, disagi relazionali, problemi psicologici», afferma Alina Voytenko, vice-direttrice dell’istituto comprensivo di Mizyaky. Lo sa bene Larysa che ha imparato a scrivere in ucraino attraverso il computer. « È vero, i bambini che hanno iniziato la scuola sia nei due anni di Covid, sia durante la guerra hanno difficoltà a scrivere – avverte la vice- direttrice –. Le insegnanti fanno il possibile. Però i ragazzi rimangono chiusi in casa, davanti al pc o al cellulare: ormai accade da quasi un quinquennio. Così non riescono neppure più a stare insieme. Mettere in ginocchio la scuola significa compromettere il futuro del Paese».

Soprattutto se anche i plessi vengono centrati dai missili. Più di 3.400 le scuole, gli asili e i poli educativi danneggiati dai raid targati Mosca, di cui 380 completamenti distrutti, certifica il ministro dell’Istruzione ucraino. Come il plesso di Iryna. Ha 7 anni e abita a Shevchenkove, cittadina a trenta chilometri dai campi di battaglia di Kupiansk dove l’esercito russo avanza. «Mia figlia – racconta mamma Arina Kozlov – mi chiede ogni volta che passiamo davanti alla scuola: “Perché è così?”. Ci è piombato un missile. Lei chiede di andare in classe. È un desiderio che ripete sempre. Ma è complicato spiegarle che la Russia le impedisce di avere un’aula».

Giacomo Gambassi

Avvenire, 2 gennaio 2025