Chi ha il Green pass va a scuola, chi no invece resta a casa. E se entro cinque giorni non provvede a farsi immunizzare, verrà sospeso dal servizio. La norma ormai è chiara. Il rientro in classe il primo settembre avverrà quindi con professori e studenti blindati, o quasi. Anche se in molti, circa 200mila persone tra tutto il personale scolastico, non sono ancora vaccinati nemmeno con la prima dose. L’altra faccia della medaglia è quella presentata dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che ieri in un’intervista ha dichiarato che nella categoria «c’è un forte aumento dei vaccinati in questi ultimi giorni, anche degli studenti ». E ha rassicurato: «ormai siamo sopra al 90% tra docenti e non». Quanto al tampone, «lo faremo fare al personale secondo le indicazioni delle autorità sanitarie, non abbandoniamo nessuno» ha aggiunto il ministro. E chi dovrà svolgere il controllo sui Green pass? «Lo faranno i presidi », ha spiegato Bianchi «con modalità messe a punto col Garante della privacy».
La novità di ieri è che è allo studio una app che permetterà tutte le mattine ai capi degli istituti di verificare chi ha la carta verde e chi ne è sprovvisto. Solo «una sigla sindacale» dei dirigenti scolastici ha espresso perplessità in merito, ha riferito il ministro, mentre «gli altri hanno firmato il protocollo». La piattaforma web sarà disponibile da «quando i ragazzi saranno a scuola» promette Bianchi. «Siamo soddisfatti, è esattamente quello che avevamo chiesto all’esponente del governo lo scorso 19 agosto denunciando l’impraticabilità del controllo della certificazione secondo le previsioni del decreto legge 111» ha commentato Paolino Marotta, presidente di Andis (Associazione nazionale Dirigenti Scolastici).
Ma cosa succederà se, suonata la campanella, un ragazzo risulterà positivo al coronavirus? «Verrà allontanato, come gli altri alunni, e si verificherà l’ampiezza del cluster – ha risposto il ministro – perché ora si isolano esattamente le situazioni di rischio che poi vengono monitorate». E va detto anche che l’obbligo vaccinale, così come concepito dalle disposizioni in vigore, riguarda solo gli studenti universitari e non quelli della scuola «che opera su classi di persone che si conoscono – sostiene Bianchi – e quindi c’è la possibilità di verifiche quotidiane della situazione» su eventuali contagi da Covid. E le classi cosiddette “pollaio”? «Sono solo il 2,9% quelle affollate» e si trovano soprattutto nelle grandi città. «Al ministero abbiamo la conoscenza millimetrica del problema e ci stiamo lavorando con interventi mirati», ha detto Bianchi ridimensionando il fenomeno e spiegando che le norme consentono classi con un range di studenti compreso tra 15 e 27.
E c’è da registrare anche l’intervento di Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, che a proposito dei test periodici anche salivari da far effettuare agli studenti dice: «sono favorevole» e propone di valutare l’ipotesi di una riduzione della quarantena in caso di positività: «Se dovessimo attuare il protocollo attuale bisognerebbe tenere a casa 7 giorni lo studente immunizzato e 10 quello non vaccinato. E questo significherebbe tornare alla Dad. Se fosse possibile ridurre i tempi sarebbe preferibile, ma questa decisione deve essere rimessa alla scienza» conclude.
Ma intanto i presidi che prendono iniziative per rendere più sicura l’apertura del nuovo anno scolastico, sono presi di mira dai «No vax». Come è accaduto a Vincenzo Caico di Monfalcone (Trieste), il quale nei giorni scorsi ha inviato una lettera agli studenti e al personale del Liceo Buonarroti, che dirige, per invitare a vaccinarsi chi non l’avesse già fatto. E qualcuno, per tutta risposta, gli ha restituito la missiva con la foto di un proiettile. Una chiara minaccia, un «episodio gravissimo» come hanno denunciato le associazioni di categoria.
Altro nodo è quello dei trasporti. Ieri sul tema si è tenuto un confronto tra governo e Conferenza delle Regioni. In particolare, è stato concordato che entro il 2 settembre le Regioni rivedranno e aggiorneranno i loro piani per la gestione del Tpl e per i servizi aggiuntivi che metteranno in campo sulla base delle indicazioni dei “tavoli prefettizi”, sulla base delle risorse (oltre 600 milioni di euro) rese disponibili per il secondo semestre del 2021. Alla fine di settembre sarà poi condotta una verifica sull’attuazione dei piani. Il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha ricordato che le risorse messe a disposizione del trasporto pubblico locale potranno essere utilizzate anche per coprire eventuali costi aggiuntivi legati a tali attività, che saranno indicate nei piani delle Regioni. La prossima settimana verranno anche definite le procedure per verificare che tutti gli operatori delle diverse forme di trasporto adottino iniziative adeguate.
Fulvio Fulvi
Avvenire, 27 agosto 2021