Portare alla padronanza «delle competenze di base di lettura, scrittura e calcolo». Ma anche «potenziare le capacità personali e la capacità di gestire la propria vita in maniera orientata al futuro ». Capace di coinvolgere «tutti i protagonisti del sistema formativo»: studenti, docenti e genitori. Ecco l’identikit del sistema formativo e di istruzione delineato dal Parlamento Europeo. Una indicazione contenuta in una relazione sulla «modernizzazione dell’istruzione nell’Ue», preparata dalla commissione cultura, che l’aula ha approvato nelle scorse settimane con 532 voti favorevoli 75 contrari e 71 astenuti. Nessun 'dicktat' ai Paesi membri dell’Unione Europea – anche perché questa materia resta riservata ai singoli Stati –, ma una serie di indicazioni che vengono offerte ai partner perché ne tengano conto nell’organizzazione del proprio sistema nazionale. Del resto, recita il testo, «l’Unione Europea svolge un vitale ruolo di sostegno nella definizione di sfide e obiettivi nonché nella promozione e nello scambio delle migliori prassi».
A rendere interessante la risoluzione del Parlamento Europeo è in realtà il lavoro frutto del confronto tra i rappresentanti di tutti i Paesi che sono riusciti a trovare un punto di sintesi, che il documento approvato dall’Aula oggi offre a tutta l’Unione. «Si è cercato di avvicinare i sistemi scolastici anche per favorire la circolazione interna all’Unione – spiega Luigi Morgano europarlamentare del Pd e tra gli estensori finali della proposta di risoluzione –. Oggi accade spesso che all’interno dell’Unione vi sia la circolazione che coinvolge intere famiglie con figli in età scolare. Cercare di avvicinare i sistemi e i percorsi di studi, significa fare un buon servizio ai cittadini europei». Un lavoro lungo e intenso, che pone ora come un punto di riferimento per tutti. Ma, dunque, quale immagine di scuola emerge da questo confronto? In primo luogo una visione d’insieme, che «parte dalla scuola dell’infanzia fino all’università e ai percorsi post-laurea» risponde Morgano, anche perché «il diritto all’istruzione è un diritto umano fondamentale».
Nella filosofia di questa risoluzione vi è l’idea che la scuola non debba essere «solo il luogo dove preparare le giovani generazioni al mondo del lavoro, ma anche come tempo nel quale permettere ai giovani di sviluppare le proprie attitudini». Insomma una formazione globale. Ecco allora l’invito non solo ad apprendere «le competenze di base», ma anche «il potenziamento delle capacità personali».
Nei 174 punti in cui è suddivisa la risoluzione dell’Europarlamento, vi è anche un forte richiamo a «conferire maggior autonomia alle scuole per quanto concerne i programmi, la valutazione e le finanze», come «l’importanza di riformulare e investire nella formazione degli insegnanti fin dalla fase iniziale e durante tutto il loro sviluppo professionale». Forte anche il capitolo riservato agli alunni disabili, a «cui deve essere garantito il diritto all’istruzione dall’asilo all’università, con attrezzature didattiche e tecniche adeguate».
Lascia per lo meno perplessi che parlando di disabilità e di non discriminazione si inserisca anche un riferimento «a persone che si identificano come Lgbti», cioè «lesbiche, omosessuali, bisessuali, transessuali e intersessuali». Altro capitolo che desta altrettanta perplessità l’invito a «combattere gli stereotipi di genere», anche «nei programmi scolastici», per non parlare, nel punto sull’educazione sanitaria e relazionale, quando i parla di «diritti delle donne e della ragazze, compresa la salute riproduttiva e sessuale e i relativi diritti», dove, anche se non citato espressamente, si può intendere l’interruzione volontaria della gravidanza. Tre aspetti «critici», che gettano qualche nube sull’intero impianto.
Quest’ultimo, tra i diritti ricordati dalla risoluzione anche quello della libertà di scelta in campo educativo. Si incoraggia infatti «per quanto riguarda l’aumento dell’inclusione e la garanzia di libertà di scelta in materia di istruzione, la fornitura di un adeguato sostegno finanziario alle scuole di ogni ordine e grado, sia pubbliche sia private no profit, a condizione che il programma offerto, si basi sui principi dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea». Dunque ancora una volta il Parlamento Europeo si esprime a favore della parità scolastica, anche da un punto di vista economico, come già fece nel lontano 1984 (il 13 marzo con la Risoluzione 'Libertà d’insegnamento nella Comunità Europea'). Un riferimento anche al ruolo dei genitori, «la cui partecipazione all’istruzione dei figli» porta a «migliorare il loro rendimento scolastico», oltre che costituire un’importante tassello per costruire un’alleanza educativa con i docenti.
Enrico Lenzi
Avvenire, 12 luglio 2018