Niente lezioni lunedì 30 maggio. Dopo un fallito tentativo di conciliazione al ministero del Lavoro, ieri i sindacati della scuola hanno proclamato lo sciopero per l’intera giornata, minacciando anche il blocco degli scrutini se il governo non ritirerà la riforma del reclutamento e della formazione iniziale degli insegnanti, ora in discussione al Parlamento, che dovrebbe terminare l’iter legislativo entro la fine di giugno.
Sono tre i «punti essenziali» su cui si concentra la protesta sindacale: lo stralcio completo delle disposizioni di legge che incidono sulla libera contrattazione; l’individuazione di risorse finanziarie adeguate per procedere al rinnovo contrattuale; la stabilizzazione del personale precario che viene enormemente penalizzato dalle nuove regole.
«La rigidità del ministero rispetto alle questioni sollevate non ha lasciato margini – sottolineano, in una nota unitaria, Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Pino Turi, Elvira Serafini, Rino Di Meglio, segretari generali di Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams –. Per questo abbiamo deciso di avviare un percorso di forte protesta, con diverse forme di mobilitazione, non escluso lo sciopero degli scrutini e di informazione capillare del personale della scuola». In questo senso, il prossimo appuntamento sarà quello dei direttivi unitari fissato per venerdì.
«Se passa questa controriforma cambia il modo di fare e di pensare la nostra scuola», rincara la dose Turi, mentre Serafini vorrebbe «bocciare chi ha messo in campo questa forma di concorso e chi sta portando avanti questo tipo di reclutamento». Per Di Meglio «questa sul reclutamento è una grande speculazione» che costringerebbe i candidati «a spendere» per ottenere i 60 crediti universitari necessari per andare in cattedra. Secondo La Flc-Cgil «anche il metodo non va bene», perché il governo «scappa dal confronto con le organizzazioni sindacali». «Gli interventi in materia di reclutamento sono assolutamente inadeguati – aggiunge Barbato della Cisl Scuola –. Abbiamo 250mila precari nelle classi che non sono stati assunti e che avrebbero diritto ad un percorso abilitante. Ci sdegna il fatto che vengano messi in classe 250mila precari che ogni anno si moltiplicano, mentre si fanno concorsi con i test a crocette».
Critiche alla riforma sono avanzate anche da Marcello Pacifico, presidente del sindacato autonomo Anief, che ha già effettuato una giornata di sciopero venerdì scorso. «Va mandato un messaggio unitario: diciamo “sì” a chiunque crede che questa riforma vada cambiata – aggiunge Pacifico –. Questi concorsi straordinari, riservati, non hanno portato al risultato di assumere i precari, perché sono stati gestiti male, come nel caso dei quiz. Bisogna snellire le procedure di reclutamento. Tuteliamo i nostri precari», conclude il sindacalista. E un invito ad «ascoltare il grido d’allarme dei sindacati» arriva dal sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso, che si spenderà «personalmente» su due questioni: «L’adeguamento delle retribuzioni degli insegnanti e la stabilizzazione dei precari con più di tre anni di servizio, su cui anche l’Europa ci ha più volte sollecitato a intervenire per sanare una palese violazione delle normative».
Dopo la proclamazione dello sciopero, interviene anche il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi: «Rispetto le decisioni sindacali. Voglio ribadire però che questo governo ha sempre investito sulla scuola fin dal suo insediamento e sta continuando a farlo – aggiunge Bianchi –. Il nuovo decreto, che fa parte del disegno riformatore previsto nel Pnrr, delinea regole chiare per chi vuole entrare nella scuola, compresi i precari e un preciso percorso formativo per accedere all’insegnamento e durante tutta la vita lavorativa. Il decreto non compie tagli di spesa e come già annunciato è intenzione del governo continuare a investire nel settore», conclude Bianchi.
Paolo Ferrario
Avvenire, 10 maggio 2022