Migliora la classifica dell’Italia sia sul versante della dispersione scolastica (sia esplicita che implicita) che dei Neet. Sono confortanti i dati dell’ultimo rapporto dell’Ocse “Uno sguardo sull’istruzione 2024”, diffuso ieri dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Dal 2016, la quota di persone tra i 25 e i 34 anni prive di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado, è diminuita di 6 punti percentuali, attestandosi al 20% nel 2023. Un valore che, tuttavia, rimane sopra la media dei Paesi dell’area Ocse, pari al 14%.
Più consistente la contrazione dei Neet, i giovani tra i 20 e i 24 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione: dal 2016 al 2023 siamo passati dal 32% al 21%. Calo più consistente di quello registrato dalla media Ocse, passata dal 17% al 15%. Tuttavia, resta abbastanza elevato il divario di genere nella classe d’età 2529 anni. Per questa generazione, il tasso di Neet è pari al 20% per gli uomini - in linea con il dato nazionale - ma si impenna fino al 31% per le ragazze. «Molto positiva», ha sottolineato il ministro Giuseppe Valditara, la fotografia della dispersione scolastica scattata dall’Invalsi e aggiornata al 2023-2024. Per quanto riguarda la dispersione esplicita, siamo passati dal 13,3% del 2019, al 14,2% del 2020 (anno del Covid) e al 9,4% del 2024. «Sostanzialmente – ha sottolineato il ministro Valditara – abbiamo già raggiunto l’obiettivo del Pnrr del 10,2% entro il 2026 e siamo molto vicini al traguardo del 9% fissato dall’Unione Europea per il 2030».
Positivo anche l’andamento della dispersione implicita, che misura gli apprendimenti degli alunni. Tra il 2023 e il 2024 è passata dall’8,7% al 6,6%. «Anche il Sud è sceso sotto la soglia psicologica del 10%, arrivando al 9,2% nell’area Sud e Isole», ha annunciato Valditara.
Il ministro si è soffermato anche sulla questione salariale degli insegnanti, ricordando che «Ocse fotografa una situazione molto negativa anche se non tiene conto dell’ultimo contratto che è stato formalmente firmato a gennaio 2024, ma già con un anticipo di risorse in busta paga nel 2023», ha sottolineato Valditara.
«Fra il 2015 e il 2022 – ha proseguito – in termini reali i salari dei docenti italiani sono diminuiti del 6% contro un aumento medio Ocse del 4%. Qui si sconta purtroppo il blocco dei salari per ben 11 anni perché l’ultimo contratto prima di questo blocco è stato siglato nel 2009, poi si deve attendere il 2020 per avere un primo contratto. E quindi 11 anni senza aumenti salariali. Nel gennaio 2024 – ha aggiunto Valditara – il contratto che abbiamo siglato ha portato ad un aumento del 4,5% grazie anche a quell’incremento di risorse, quei 300 milioni di euro che ho voluto spostare da microprogetti al contratto». Inoltre, ha proseguito «abbiamo destinato tre miliardi di euro nella scorsa legge di bilancio per il nuovo contratto che andiamo a siglare, sarebbe auspicabile già quest’anno, e che dovrebbe comportare un aumento del 5,8%, ma si sta ragionando se riuscire a reperire ulteriori risorse per arrivare ad un aumento del 6% a cui dobbiamo aggiungere il taglio del cuneo fiscale che opera per il personale docente e che vale tra il 6 e il 7% di aumento salariale».
Paolo Ferrario
Avvenire, 27 settembre 2024