UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Scuola divisa sul reclutamento

I sindacati restano contrari e minacciano lo sciopero. Le associazioni dei presidi, tranne Anp, promuovono invece il nuovo testo
26 Aprile 2022

La riforma della formazione e del reclutamento degli insegnanti di medie e superiori, varata l’altra sera dal governo nell’ambito del decreto sul Pnrr, divide il mondo della scuola. Da una parte, i sindacati, compatti, bocciano l’impianto e minacciano già la mobilitazione, dall’altra le associazioni dei presidi (non tutte) promuovono la novità, soprattutto la parte riguardante la formazione continua del corpo docente. Che, nota il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, «in tutti i Paesi è un elemento importantissimo della qualità della scuola». Resta aperta, infine, la questione del precariato dei docenti delle scuole paritarie, che la riforma non affronta, come ricordato «con rammarico» dall’Agorà della parità.

«Ancora una volta viene affrontato in modo lacunoso, farraginoso, totalmente disancorato dalla realtà, un tema importante come il reclutamento, mentre le invenzioni estemporanee in materia di carriere suonano come grave mancanza di riguardo per un corpo professionale del quale si ha evidentemente poca stima», tuona la segretaria generale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci. Minacciando di essere «pronta ad assumere tutte le iniziative necessarie per evitare che sulla scuola venga compiuto l’ennesimo pasticcio». Bocciatura senza appello anche da parte del segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi, che parla di «provvedimento insalata», mentre per la segretaria generale dello Snals, Elvira Serafini, la riforma varata dall’esecutivo «alimenta il precariato e svilisce la contrattazione ». «Metodo inaccettabile, merito altrettanto», anche per il segretario generale della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli. E il sindacato autonomo Anief è già pronto a «una class action contro il governo per la palese violazione delle norme comunitarie».

La riforma del reclutamento non piace nemmeno agli insegnanti, che si oppongono alla possibilità di avere aumenti di stipendio legati alla formazione più che all’anzianità di servizio. Il dato arriva da un sondaggio della Tecnica della Scuola, a cui hanno partecipato 3.437 lettori: oltre il 60% si è detto contrario alla proposta del governo, sulla quale permangono diversi dubbi circa la reale fattibilità. Con un altro 30% che si è espresso favorevolmente, ma solo qualora non vengano cancellati gli attuali “scatti” automatici.

«Soddisfazione» è invece espressa dal presidente di Dirigenti Scuola, Attilio Fratta, secondo cui «la selezione e la verifica delle competenze devono avvenire prima di entrare in classe e non dopo». «Favorevole» all’impianto della riforma è anche Paolino Marotta, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici, per il quale «la formazione continua e strutturata del personale scolastico è una condizione imprescindibile per il miglioramento della qualità del sistema di istruzione e formazione».

«Più ombre che luci», invece, per il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli. «Sulla base degli sviluppi di carriera prefigurati nella bozza del decreto – sottolinea – noto l’assenza delle elevate professionalità e l’ancoraggio della valutazione e della valorizzazione dei docenti ai soli percorsi formativi. Sfugge, pertanto, la connessione di tale impianto formativo con le attività d’aula intese come misurazione del livello e della qualità del servizio erogato dalla scuola».

Un capitolo a parte merita la scuola paritaria che, anche in questa occasione, per il Ministero «sembra non esistere», denuncia l’Agorà della parità. «Pur esprimendo apprezzamento per l’impianto complessivo della riforma dell’abilitazione che introduce una netta separazione fra abilitazione e reclutamento nella scuola statale – si legge in una nota delle associazione dei gestori e dei genitori delle scuole non statali – dobbiamo, con rammarico, rilevare che, ancora una volta, il governo sembra dimenticare che sono circa 200mila gli studenti che frequentano scuole paritarie secondarie di I e II grado, che le stesse fanno parte del sistema nazionale di istruzione e che vi lavorano circa 15mila docenti che attendono, da troppi anni, un percorso abilitante».

In questo senso, l’Agorà sottolinea che «il fabbisogno di soggetti abilitati nei percorsi infra-universitari deve, quanto meno, tenere presente anche il fabbisogno delle scuole paritarie e non solo delle scuole statali» e che anche ai docenti delle paritarie deve essere data la possibilità di ottenere l’abilitazione. A riguardo, la nota dell’Agorà chiede di riattivare la procedura straordinaria per esami finalizzata all’accesso ai percorsi di abilitazione all’insegnamento bandita nel 2020 e persasi per strada durante la conversione del decreto Sostegni bis. Che fissava nel 15 dicembre 2021 il termine ultimo per avviare la prova selettiva, che «ancora oggi resta nel limbo».

Paolo Ferrario

Avvenire, 23 aprile 2022