Quando questa crisi finirà, ci sarà bisogno di una dimensione educativa potente per rimettere in gioco tutte le possibilità presenti nel tessuto sociale. E le scuole paritarie, cattoliche o cristianamente ispirate, giocheranno un ruolo molto importate e per questo vanno salvaguardate.
Monsignor Paolo Martinelli è il vescovo ausiliare e delegato per la Pastorale scolastica. Logico che sulla sua scrivania finiscano tutti problemi delle realtà scolastiche cattoliche che in questo momento vedono messo a rischio il loro futuro e la loro stessa esistenza da una crisi mai vista.
Eccellenza, la situazione appare difficile.
Per prima cosa bisogna ricordare il grande sforzo che queste scuole stanno facendo per assicurare la continuità didattica agli studenti. Dalle scuole primarie a quelle secondarie di primo o secondo grado. Un lavoro importantissimo portato avanti con impegno e dedizione. Senza dimenticare le scuole dell’infanzia che si ingegnano, in molti casi, di mantenere contatti anche con i bambini più piccoli. Uno sforzo non da poco. La situazione è difficile, ci sono due ordini di problemi. Il primo è quello contingente. Gli istituti devono garantire oltre alla continuità didattica anche gli stipendi a docenti e personale scolastico. Si può risparmiare in molti modi ma gli stipendi vanno corrisposti anche in considerazione del fatto che un professore di una scuola paritaria prende meno di uno delle statali. Ma è difficile andare a chiedere le rette alle famiglie. Anche perché le stesse famiglie possono avere problemi di liquidità.
Accennava a un secondo problema.
Se si ferma tutto, le scuole meno grandi, e penso soprattutto alle scuole materne parrocchiali, andranno incontro a difficoltà grandissime soprattutto nel futuro. Si tratta di esperienze che nascono dal basso, in una logica di sussidiarietà che spesso hanno alle spalle decine e decine di anni di esistenza. La loro scomparsa sarebbe una ferita alla comunità.
Quali soluzioni si potrebbero prospettare?
Stiamo cercando di sensibilizzare le istituzioni, dal governo centrale e quelli locali. Non si tratta di difendere posizioni di parte ma la chiusura di questi istituti avrebbe una ricaduta pubblica fortissima. Verrebbe meno un bene che ha una rilevanza sociale importantissima. Senza contare il colpo che verrebbe inferto alla libertà educativa. Questo problema si ripropone con grande urgenza. Occorre una sensibilità che scardini ogni pregiudizio perché le nostre sono davvero realtà che partono dal basso.
Quali strumenti si possono immaginare?
Credo che occorra aiutare le famiglie perché possano affrontare questa crisi che è davvero senza paragone. E quando si ripartirà la dimensione educativa giocherà un ruolo importantissimo. Sarebbe grave se l’Italia non fosse in grado di giocare tutte le possibilità. La carta educativa è la più importante per essere capaci di immaginare e costruire il futuro.
Davide Parozzi
Avvenire Milano, 2 aprile 2020