Gentile direttore,
la popolazione studentesca italiana sta vivendo un momento di grave crisi dovuto alla didattica a distanza (Dad), una misura che, si sa, non può rimpiazzare affatto l’insegnamento in presenza. Essendo fra gli organizzatori delle piazze che ogni giovedì vedono studenti di fronte al Palazzo della Regione di Torino, mi sono trovato spesso a difendere posizioni fortemente “no Dad”, ma, in queste righe, vorrei lanciare un messaggio più conciliatore per chi sulla Dad la pensa diversamente. La Regione, il Governo ci hanno ormai dato la certezza di un rientro a scuola ai primi di gennaio, tuttavia sembrano ancora gravi le mancanze organizzative sul piano dei trasporti, del tracciamento e dell’edilizia scolastica. Chiedo dunque al mondo della scuola – alunni, docenti, genitori – di dimenticare le divisioni del recente passato circa l’utilità o meno della Dad in periodo di Covid o sulla pericolosità delle classi “in presenza”. Il nostro comune obiettivo ora sia assicurarci che vi siano le garanzie per un rientro in sicurezza nel gennaio 2021, poiché è ormai un dato di fatto che la riapertura delle aule avverrà, ma è ancora fortemente in bilico il grado di sicurezza che sarà garantito. Ora più che mai, in questa tetra atmosfera pandemica, bisogna comprendere che il ricorso alla Dad non è stato che un sintomo di una più totale sottovalutazione istituzionale del ruolo educativo delle scuole. Deve essere quest’ultimo fattore ora l’obiettivo della nostra pacifica lotta per un serio diritto allo studio, poiché, oggi più che mai, occorre guardare al futuro.
Dario Pio Muccilli, 18 anni Torino
Ottimo ragionamento, giovane e gentile amico. La raccomandazione di far tornare fisicamente in classe, nel prossimo gennaio, tutti i nostri ragazzi e tutte le nostre ragazze, anche chi frequenta le scuole superiori, e di farlo con la ragionevole certezza di poterci restare è esattamente uguale a quella che questo giornale ha più volte rivolto alle autorità centrali e locali la scorsa estate, mentre si preparava il “nuovo inizio” di settembre. Abbiamo visto come è andata. Ora ci risiamo. E sappiamo, nonostante ciò che si è detto e scritto a proposito e a sproposito, che i problemi più seri da risolvere riguardano il “prima” e il “dopo” (trasporti e tracciamento su tutto) la permanenza nelle classi. Non possiamo permettere un’altra falsa partenza e questo singhiozzo senza senso – pochissimo in classe, moltissimo fuori – che da un anno sta sconvolgendo i ritmi di quel “laboratorio di futuro” che, per poveri e ricchi, riducendo e non enfatizzando le disuguglianze, deve poter sempre essere tutta la “scuola di tutti”. Ma proprio tutta.
Marco Tarquinio
Avvenire, 8 dicembre 2020